Il giorno in cui raccontai alla supplente
che la mia mamma aveva pianto sulla tomba del progettista delle fontane di
Pisogne, lei, cominciò a guardarmi con occhi diversi. Sì, perché la mia maestra,
oramai, mi conosceva bene e conosceva bene anche la mia mamma, ma la supplente
esercitava da poche settimane e io lo sentivo che, prima o poi, avrebbe capito
tutto. Perché la mia mamma era una brava mamma, ma certe particolarità pesano
sulle spalle. E le spalle di un bambino sono piccole, ci sta giusto giusto
l’angelo custode, che mi toccava scansarlo per metterci lo zainetto. Le
stranezze di una mamma diversa dalle altre non le potevo reggere.
La mia mamma
aveva studiato al Liceo Artistico. Aveva fatto una ricerca, per Storia dell'Arte: l’ing. Fermo Dabeni e il suo progetto delle
fontane di Pisogne. Un giorno mi portò a vedere tutte le rimaste: perlopiù
vasche putrescenti di alghe grasse come lattuga, tranne quella posizionata in
piazza, trasportata lì dalla slargo antistante il Comune… Mi raccontò una sua
teoria secondo la quale, studiando le tavole originali conservate nell'archivio comunale, (tavole dipinte a mano, mia madre lo sottolineò più volte, estasiata,
che nemmeno al più bello dei miei disegni era andata così in visibilio, anche
se la supplente mi aveva dato “ottimo”) aveva dedotto che la fontana in questione
fosse il risultato dell’assemblaggio dei pezzi di due fontane diverse. Poi
cominciò tutta una descrizione che persi alla seconda frase.
Ritrovai
l’attenzione quando sentii che parlava di cimitero.
Era stata al cimitero di
Piamborno a cercare la tomba dell’Ingegnere progettista e l’aveva pure trovata.
Si era commossa ed aveva versato lacrime di rispetto all’artista ed al tecnico,
così disse.
Ma questo alla supplente non lo precisai, aveva già cominciato a
guardarmi con occhi diversi, non mi parve il caso di rincarare la dose.
La
supplente, dopotutto, ci aveva chiesto solamente di realizzare un disegno che
contenesse la fontana della piazza, e di creare attorno un’ambientazione: bimbi
che si rincorrono, passerotti fermi a dissetarsi, ragazze a schizzare acqua per
scherzo … E allora io ritrassi la fontana esattamente com'era e in mezzo ci
disegnai l’acqua a vortici e mulinelli e in mezzo all'acqua un battello nella
bufera, con me come capitano, col mio cappello in testa, pronto a portare tutti
in salvo e a ricevere in premio il bacio della Marisa.
La supplente guardò il
disegno soffrendo visibilmente. Mi chiese, perché volessi far affondare una
nave nella fontana di una piazza.
Io risposi che era un battello.
E che io ero
il capitano.
Mi chiese il diario e ci scrisse che voleva incontrare la mia
mamma.
Così, però avrebbe capito tutto…
Racconto scritto nel 2010, ad accompagnare la mostra fotografica di mio marito "I lake Pisogne", altre fotografie su:
https://plus.google.com/photos/113258995033312588615/albums/5482977161003555329?banner=pwa
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