sabato 22 gennaio 2022

La peste, Camus

 

2 - 1/2022

Albert Camus, La peste, Classici contemporanei Bompiani, (1947) 2018, traduzione Yasmina Melaouah

NO SPOILER


Tu lo sai come sono stati il lockdown e la prima ondata COVID, nella mia provincia, tra i paesi attorno a Bergamo?

Il silenzio rotto dal suono di quaranta ambulanze al giorno? Gli amici in terapia intensiva o gravissimi a casa?. E i morti? Leggere i nomi dei morti su FB perché le carte non potevano essere affisse? Sapere di conoscenti partiti, giorni e giorni dopo? È morto anche lui, anche lei, sono morti entrambi i genitori di, il figlio di. Le file di ambulanze fuori dagli ospedali. Piantare bulbi in giardino, cocciuta e tenace che dovrà finire, dovremo uscirne prima o poi. Due ore tutti i giorni a scrivere messaggi per chiedere informazioni dei malati, per essere vicino a chi li aveva invece persi. Le telefonate che iniziavano col timore di un genitore con la febbre, di un parente con i sintomi. Occuparsi della pasta madre, per tenere la mente impegnata. Le amiche infermiere che si accasciavano a terra, con le piaghe della mascherina sul viso. Vedere una serie tv coreana, dove si amano e si guardano negli occhi. Mia sorella che mi chiama piangendo per i dolori alla schiena, ai polmoni. I mezzi militari a spostare bare. Portare le bare nelle regioni vicine perché i forni, a bergamo erano pieni per mesi. I malati espatriati, che la Germania ci ha aiutato. Tua mamma positiva. Tuo padre positivo.

La paura. L’ansia. La disillusione. La mancanza di sogni. Di speranza. Ogni giorno così, reiterato.

 

Leggere “La peste” dopo aver vissuto tutto questo e non averlo ancora (ancora?) metabolizzato, non lo consiglio. È un piombare di nuovo, ad ogni capitolo, ad ogni pagina, nell’angoscia silente e solitaria. Nell’affanno notturno.

 

La trama è semplicissima: la cittadina di Orano, sulla costa Algerina, viene sconvolta da un’epidemia di peste. Si sceglierà di isolare completamente il focolaio chiudendo ogni contatto tra Orano e il mondo, in modo continuo e senza aspettative che qualcosa possa cambiare, mentre la malattia non fa altro che progredire per mesi.

 

Camus, portandoci a passeggio tra vicoli e caseggiati, tra le corsie ospedaliere, i cimiteri e il lungomare ci accompagna in realtà dentro l’Uomo, dentro l’animo, dentro la psiche e sfoggia le diverse reazioni, i vari approcci che caratterizzano ogni personaggio e la popolazione tutta. C’è chi fugge, chi cerca la santità, chi l’eroismo, chi fa suo motto il puro senso del dovere, chi sceglie lussuria e piacere. In un calderone di sentimenti e sensazioni sensazionali conosciamo l’Uomo, soprattutto nel trovarsi inerme, dinnanzi alla morte. Ed è il protagonista medico che ci riassume il cuore del libro: “Non provo granché interesse, credo, per l’eroismo e la santità. Quel che mi interessa è essere un uomo”.

La peste obbliga i cittadini all’isolamentoe ad un conseguente profondo esame di coscienza, un’analisi della propria vita, sui valori a caposaldo.

 

In tali estremi della solitudine, infine, nessuno poteva sperare nell'aiuto altrui e ciascuno restava solo con la propria inquietudine. Se uno di noi provava per caso a confidarsi o a dire qualcosa del proprio stato d'animo, il più delle volte la risposta che riceveva, quale che fosse, lo feriva. Si accorgeva allora che lui e il suo interlocutore non parlavano della stessa cosa. Pagina 86

 

E alla fine ci si rende conto che nessuno è davvero capace di pensare a nessuno, fosse anche nella peggiore sciagura. Poiché pensare davvero a qualcuno significa pensarci ogni istante, senza essere distratti da niente, né dalle faccende di casa, né dal volo di una mosca, né dai pasti, né da un prurito. Ma le mosche e il prurito ci sono sempre. Per questo la vita è difficile. Pagina 256

 

Poi, sarò sincera, le descrizioni di: siero che non funziona, paziente zero, bollettini sanitari, ordinanze, file di ambulanze, carri per trasportare i morti, mi hanno disturbata non poco per le forti analogie, ma il fuoco dell’amore per l’Uomo, che scalda tutto il romanzo, è corroborante. Durante i giorni di morte e tribolazione, rimane l’amore come filo di speranza che unisce e sigilla rapporti.

Amore è voler scappare da Orano, per raggiungere la donna lontana, ma scegliere di restare.

Amore è curare, ogni giorno, con dedizione, anche chi ha già la vita lontana da sé.

Amore è perseverare nel proprio dovere fosse anche di raccolta dati e analisi delle evoluzioni.

Amore è accettare anche la morte di un bimbo e continuare a curare.

Amore è dedicare il tempo libero alla peste: alle disinfezioni, ai malati, ai morti.

Amore è lottare fianco a fianco, proteggendosi a vicenda.

Amore è guardare la morte di un amico dal suo capezzale.

Amore è morire in silenzio per non turbare chi hai attorno.

 

È un inno alla vita, all’andrà tutto bene, al ne usciremo migliori, perché, a volte, magari raramente, ma a volte questo accade.

 

FRASI DA RICORDARE:

 

In tempi normali sapevamo tutti, più o meno consapevolmente, che non c'è amore che non possa migliorarsi, E tuttavia accettavamo, in maniera più o meno pacifica, che il nostro restasse mediocre. Ma il ricordo è più esigente. Pagina 85

 

Semplicemente, continuava a pensare a lei. Avrebbe voluto scriverle una lettera per spiegarsi. "Ma è difficile," diceva. "È da tanto che ci penso. Fino a quando ci siamo amati, ci siamo capiti senza parole. Ma non ci si ama per sempre. A un certo punto, avrei dovuto trovare le parole per trattenerla, ma non ci sono riuscito." Pagina 94

 

"Le giornate sono lunghe e ultimamente non sono mai a casa."

"Non mi importa di aspettare, se si che prima o poi arrivi. E quando non ci sei, penso a quello che fai." Pagina 135

 

"Questo disco è deprimente," disse Rambert. "E poi oggi è la decima volta che lo ascolto."

"Le piace così tanto?"

"No, ma è l'unico che ho."

E dopo un momento: "Ve l'ho detto, la peste è un continuo ricominciare." Pagina 174

 

L'abitudine alla disperazione è peggiore della disperazione stessa. Pagina 194

 

Erano questi momenti di debolezza a dare a Rieux la misura di quanto fosse stanco. Non controllava più la propria sensibilità. Perlopiù trattenuta, indurita e inaridita di tanto in tanto esplodeva e lo lasciava in balia di emozioni che non sapeva più dominare. La sua unica difesa era rifugiarsi in quella durezza e serrare il nodo che si era formato dentro di lui. Sapeva che era il modo giusto per andare avanti. Per il resto non aveva molte illusioni e la stanchezza gli toglieva quelle che serbava ancora. Pagina 204

 

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sabato 15 gennaio 2022

Pastorale Americana - Philip Roth

 1 - 1/2022

Philip Roth, Pastorale Americana, Einaudi, (1997) 2001, traduzione Vincenzo Mantovani


NO SPOILER

La conoscete quella sensazione di dover esplodere? Sentirsi soffocare, comprimere, annegare, schiacciare, morire? E non voler fare assolutamente nulla? Non per debolezza o incapacità, no, per scelta, per mantenere intatto l’equilibrio, perché gli altri non ne soffrano, non ne risentano…

“Tu sei quello che è sempre lì a cercare di minimizzare le cose. Sempre lì che si sforza di essere moderato. Mai dire la verità, se credi che possa ferire i sentimenti di qualcuno. Sempre pronto ai compromessi. Sempre pronto ad accontentare la gente. Sempre lì a cercare di trovare il lato migliore delle cose. Quello educato. Quello che sopporta pazientemente ogni cosa. Quello che ha una dignità da difendere. Il ragazzo che non viola mai le regole. Quello che la società ti ordina di fare tu lo fai. Le norme della convivenza civile.” Pagina 275

Questo libro si legge in apnea, in estrema tensione. Con la sensazione chiara che il peggio non è stato ancora detto, che arriverà alla prossima pagina. Scorri le righe con la fronte contratta e le gambe rigide. E quando riponi il libro non ti rilassi, non ci dormi.

Pastorale Americana è un libro difficile: non puoi leggerlo in tram, o con tua madre che chiacchiera in sottofondo o mentre tua moglie che ti racconta la giornata. Non puoi leggerlo al parco, col via vai di passeggini. È una lettura intima, che esige concentrazione e raccoglimento. Solo così troverai laggiù in fondo, ben celato da maschere del quotidiano, oltre cancelli e porte che teniamo chiuse, tolte tutte le maschere, il coraggio di capire, di condividere, di ESSERE lo svedese.

"E, nella vita di tutti i giorni, nient'altro da fare che continuare rispettabilmente ad avere l'enorme pretesa di essere se stesso, con tutta l'onta di essere, invece, solo la maschera di uomo ideale." Pagina 175

E’ la storia di un uomo questa, che è l’America intera. Lo svedese è giovane, bello, bravo, atletico. Perfetto, in tutto, nel viso, nel corpo, nel carattere, nei modi. Un uomo di successo che porta l’azienda familiare a divenire un impero. Lo Svedese sposa una reginetta che aspirava a l titolo di Miss America: una donna dalla bellezza mozzafiato, intelligente, tenace, perfetta quanto lui.

Una coppia iconica che viene stroncata da un evento folle, una scheggia impazzita ingestibile. 

E lo svedese resta in piedi, pacato, sorridente, comprensivo. Ma tutto attorno, cade a pezzi. Tutti gli ideali, il sogno americano. Tutto.


“Nessuno passa attraverso la tristezza, il dolore, la confusione e la perdita senza restare segnato in qualche modo. Anche a quelli che da piccoli hanno avuto tutto toccherà, prima o poi, la loro quota di infelicità; se non, certe volte, una quota maggiore.” Pagina 23

E tra le macerie del suo mondo, tra i pezzi del nostro cuore che si frantuma senza aspettativa, lui sorride gentile. Con il vuoto dentro o troppo colmo. Pronto a scoppiare e a fermarsi in tempo. Perché nessuno soffra, nessun equilibrio si incrini.


“Lui si considera, comunque, responsabile. Lo ha fatto per tutta la vita, rendendosi innaturalmente responsabile, tenendo sotto controllo non soltanto se stesso ma qualunque altra cosa minacciasse di diventare incontrollabile, dando tutto per tenere insieme il proprio mondo.” Pagina 91


Prendetevi del tempo per leggere questo romanzo, per infilarvi tra le pagine come lame, una dopo l’altra, dentro lo stomaco. Prendetevi il tempo per stare male, per sporcarvi di lustrini e marcio. Per amare l’america e la sua dark side. Concedetevi il tempo per amare lo svedese, per volerlo salvare, abbracciare accudire proteggere. Da se stesso prima di tutto. Ma dovete innamorarvene prima.


È il mio primo Roth. Mi faceva l’occhiolino da anni, ma questi viaggi all’inferno mi lasciano sempre acciaccata e naufraga. Devo scegliere il momento giusto per affrontarli. Dunque arriverà tempo per un altro Roth, indubbiamente, ma fra qualche mese.


DA RICORDARE:


"...non dimentichiamo le cose solo perché non contano, ma le dimentichiamo anche perché contano troppo." pagina 57


"Sì, siamo soli, profondamente soli, e in serbo per noi, sempre, c'è uno strato di solitudine ancora più profondo. Non c'è nulla che possiamo fare per liberarcene. No, La solitudine non dovrebbe stupirci, per sorprendente che possa essere farne l'esperienza. Puoi cercare di tirar fuori tutto quello che hai dentro, ma allora non sarai altro che questo: vuoto e solo anziché pieno e solo." pagina 227


"La gente è infallibile: sceglie quello che ti manca e poi non te lo dà." Pagina 279


"Ciò che lui trovava stupefacente era il modo in cui gli uomini sembravano esaurire la propria essenza - esaurire la materia, qualunque fosse, che li rendeva quello che erano - e, svuotati di se stessi, trasformarsi nelle persone di cui un tempo avrebbero avuto pietà." Pagina 329


"Ci sono cento diversi modi di tenere la mano di una persona. Ci sono i modi in cui tieni la mano di un bambino, i modi in cui tieni la mano di un amico, i modi in cui tieni la mano di un anziano genitore, i modi in cui tieni le mani dei partenti, dei morenti, dei defunti. Lui tenne la mano di Dawn come un uomo tiene la mano della donna che adora, con tutta l'emozione che si riversa nella sua stretta, come se la pressione sul palmo della mano producesse uno scambio spirituale, come se l'intrecciarsi delle dita simboleggiasse ogni intimità.” Pagina 386


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venerdì 7 gennaio 2022

Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey, Shaffer - Barrows

 40 - 12/2021

Mary Ann Shaffer - Annie Barrows, Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey, Astoria, (2008) 2019, traduzione Giovanna Scocchera – Eleonora Rinaldi

NO SPOILER

 

Come sedersi, all’ora del tè, con un vassoio di scones e riccioli burro morbido e marmellata di mirtilli e il coltello d’argento a spatola, in una veranda che dà sul giardino.

È un po’ così. Questa lettura.

Ed è un attimo ritrovarsi a cercare i voli o il traghetto per Guernsey e dove pernottare e cosa vedere.

Juliet, scrittrice londinese alla ricerca di una trama per il suo nuovo libro, riceve una lettera dall’isola in questione. Il mittente è Dawsey che narra di essere entrato in possesso di un libro che fu di Juliet, l’uomo è un membro del club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey. Inizia così uno scambio epistolare che si apre a tutti i partecipanti al club, in una giostra di parole che ha come fulcro Juliet.

La storia principale è leggera, a tratti frivola, senza corpo, come 8° mio avviso) la protagonista. Ma l’atmosfera che aleggia attorno, l’ambientazione, i personaggi disposti a corollario, gli eventi del passato a guisa di costellazione e soprattutto il contesto storico, meritano la lettura. Ma andiamo per ordine.

L’isola conquista, da subito, con i tramonti, i prati, le burrasche, il porto ed i villaggi così inglesi e così contaminati dal passato francese.

Alcuni personaggi sono interessanti. Dawsey, per esempio, se avete l’animo romantico, vi farà sospirare non poco (a parte la maestria a sgozzare maiali, per quanto mi riguarda…), o la meravigliosa Isola: bizzarra e balzana, colma di allegria, colora a tinte forti uno scorrere a tratti un po’ piatto…

Il contesto storico a cui alludevo è la seconda guerra mondiale. Queste isole di pescatori, così inglesi, così vicine alla Francia, hanno ingolosito i tedeschi che le hanno conquistate nel tempo di mangiarsi un muffin, per dar vita ad un’occupazione inutile e assurda, in cui gli isolani erano prigionieri tanto quanto gli invasori.

Questo è lo scorcio che mi porta a consigliarvi il libro: la sequenza dei singoli racconti di guerra. La scelta dell’epistolario, è azzeccata per quella che altrimenti parrebbe una catena di eventi singoli e slegati. Invece in questo modo, ogni mittente narra il suo vissuto come evento unico e finito.

La narrazione, leggera, morbida, gli eventi bizzarri (la scrittrice provocata da un giornalista arriva a scagliargli contro una teiera), la storia d’amore che s’infila sorniona, rendono il romanzo godibile, soprattutto nei momenti di transizione tra tomi devastanti, in quella fase di convalescenza che ogni lettore vive dopo letture memorabili.

E appena ho un attimo, il volo e il pernottamento a Guernsey lo cerco davvero.

#ilibridihollyeponyo

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