lunedì 28 febbraio 2022

Blu, Giorgia Tribuiani

 “Blu”, Giorgia Tribuiani, Fazi editore 2021

Oggi pomeriggio ho visto il nome di Giorgia Tribuiani tra i candidati allo Strega, con la sua freschissima uscita “Padri”. Io l’ho scoperta lo scorso anno, con “Blu”. Vi ripropongo il mio pensiero su quel libro, credo che questa giovane scrittrice meriti attenzione.

Giorgia Tribuiani ci attacca un guinzaglio e, rude, ci trascina (peraltro in malo modo), nella foresta della follia; non ci accompagna delicatamente, non ci guida, ci strattona a forza, sempre più giù, nei luoghi delle nostre paure recondite, delle ansie. Non è un viaggio per tutti, ci vuole stomaco e destrezza, perché la Tribuiani non molla la presa e la discesa è impervia e il ritmo serrato…

Blu è un viaggio claustrofobico attraverso una mente ora in equilibrio, ora pericolosamente disturbata in costante tensione, col timore che qualcosa di brutto accada e che da lì, poi, non ci sia un rimediabile ritorno. È un monologo ma è anche un dialogo con se stessi. L'autrice gestisce maestosamente una matassa a più fili: la narrazione si srotola parallelamente tra: la vita della diciassettenne Ginevra/Blu, quella che la protagonista crede di vivere e quella che ha trascorso negli anni dell'infanzia. Il tutto in prepotente contemporaneità, con un'operazione di coesistenza simultanea perfetta, intrecciata a doppio filo con l’arte. La pittura, in cui la protagonista eccelle e la scoperta delle performance art la portano a rivedere la prospettiva di se stessa, i propri sogni e bisogni.

A Ginevra/Blu ci si affeziona, perché siamo stati tutti adolescenti: meravigliosi insopportabili impulsivi affettuosi menefreghisti stronzi, esattamente come lei, fragili corazzati delicati sensibili egoisti. E per lei ci si terrorizza, si teme che si faccia male, che le facciano male che si scopra nelle sue diversità e debolezze o che le scoprano estranei pronti a metterla alla gogna. Questo libro si legge, quasi in apnea, pagina dopo pagina, in una crescente tensione, ripetendo a mezza voce una nenia: “Adesso smettila Blu, non esagerare Blu, stai tranquilla blu, non fare così Blu, torna tra noi.”

Blu ci accoglie nello spazio circoscritto dei suoi pensieri: ambiente ampio, dilatato ma contemporaneamente chiuso e soffocante, schiacciato da sensi di colpa attuali e antichi. I luoghi non sono quelli del mondo reale ma quelli del pensiero che a volte trovano alloggio nella camera da letto, a volte nel bagno, in cucina, sul tram, al banco, in pochi altri luoghi reali; rimanendo principalmente luoghi della mente.

Giorgia Tribuiani dondola con maestria tra la gli spazi del pensiero, lasciandoci interdetti a chiederci: “ma sta accadendo? O è un ricordo? O lo immagina?” e ci strascica angosciati attraverso elucubrazioni, ridondanze, allucinazioni, disturbi ossessivo compulsivi, parole da ripetere, oggetti da calcolare, numeri che devono essere pari, battiti di ciglia che vanno contati e così i grani di riso. Gocce di olio che non possono cadere sul latte delle fette di mozzarella e contaminarle. Lampioni che non possono essere diciannove ma bisogna tornare indietro e trovarne ancora uno, venti, per trovare pace. E respiri che si interrompono e cuore che batte. E batte. E batte. Con una voglia incredibile di abbracciarla, questa Blu, stringerla, che noi lettori vogliamo proteggerla, noi lettori le vogliamo bene.

Uno spaccato sull’adolescenza e le sue caratteristiche primordiali, Blu è anche questo. Un centrifugato di emozioni straordinarie, mai piatte: sesso che è esaltante oppure fastidioso, amore che è uomo o donna, amicizia che non c’è e vorresti totalizzante, cibo da ingoiare o digiunare, abbracci o porte sbattute. Tutto bianco o nero. Anzi no. Bianco o Blu.

Io conosco questa autrice in FB. Se avessi scelto un aggettivo per lei avrei pensato a  “graziosa”, esteticamente certo, ma come modi, come approcci. Non la conoscevo come scrittrice (mi concentrerò a breve su “Guasti” e “Padri” poi) e no, non è graziosa. È potente. È vigore. È tenace. Non è un alberello di pesco o un cucciolo col fiocco. È un vento indomito, un bosco serrato, un randello. Una falce. Non è “graziosa”.

 


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