LIBRO 36 - 11/2021
Storia di un figlio, F. Geda . E.
Akbari, Baldini + Castoldi, 2020
NO SPOILER
ATTENZIONE, questa non è una recensione.
Akbari è il primo mattino di primavera. Avete presente quel giorno dell’anno in cui apri le finestre ti sporgi e senti che qualcosa è cambiato: l'aria rimane frizzante ma è un fresco quasi mieloso, la brezza sgrappola i fiori di ciliegio, i boccioli di iris tentennano e ti accorgi che i tulipani sono sbocciati così, all’unisono, splaf. È solo un giorno più del precedente ma ti senti Felice. Ecco, Enaiatollah fa lo stesso effetto, anche agi albori di un inverno già gelido. Se ne sta seduto su un palco rialzato, quasi nascosto dietro un tavolinetto coperto da un telo nero sdrucito e spiegazzato, postura defilata, umile, ti guarda con quel suo sorriso che è esordio di primavera e ripete: “Io sono fortunato”.
E te lo ritrovi lì, sul palco, proprio lui, un po’ cresciuto, ma è lui, con quel sorriso grande come l’Italia a ripetere che è fortunato.
E vorresti abbracciarlo, questo ragazzo ora scherzoso, allegro, leggero, ora serio e determinato. E ringraziarlo per il suo raccontarsi, aprire la p
orta a tutto quel dolore e tirarlo fuori a fiume in piena, e buttarcelo in faccia, come acqua torbida che ci gela viso e stomaco e perché lo ha messo nero su bianco, tutto quel soffrire e dev’essere stato peggio che averlo vissuto.
Del
libro non vi dico nulla. Ma leggetelo, dopo i coccodrilli, ovviamente, perché i
rimandi sono continui e la portata di certi eventi potrebbe non essere ben
compresa, senza la base dei primi anni di vita di Enaiatollah.
Questa
non è una recensione. Ho già raccontato le sensazioni che mi ha lasciato il
primo libro di Akbari, questo ne è “semplicemente” il seguito. Va letto, per
sapere e per non girare il viso altrove. Perché certe vite, se non le si
leggono, il nostro cervellino nato al sicuro in Italia, non può immaginarle.
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