38 - 12/2021
Irène Némirowsky, Il ballo, Racconti d’Autore, Adelphi per il sole 24 ore,
2015, traduzione di Margherita Belardetti
NO SPOILER
Io lo scorso anno, la Némirowsky nemmeno non la conoscevo,
sai?
Non ridere, già me ne vergogno a sufficienza… Questo è il
suo terzo libro, che mi accoltello in ventre. E per qualche mese sarò satolla.
Perché crea dipendenza, questa donna. Ed è inutile che io cerchi
a destra e a manca: nessuno sa narrare con un vigore così disilluso e impietoso.
Verso se stessa e il mondo.
Ho letto di tutto, su questo libro. Ho scritto anch’io a
sufficienza, sull’autrice, mesi fa, quindi non mi dilungherò sui scontati
apprezzamenti alla scrittura, all’indagine dell’animo, alla capacità
descrittiva.
Ti parlerò solo di cosa ha lasciato, “il ballo” a me.
Questa manciata di paginette, quasi autobiografiche, sono un
supplizio. Fogli scritti a graffi di unghie laccate: artigli di madre
carnefice, sul corpo di Antoinette figliola adolescente (la protagonista) da
cancellare, dimenticare, perché non offuschi nulla, del mondo materno, di cui la
donna è unica sovrana. Da scacciare dai pensieri con uno sventolio di braccio
nudo e polso indiamantato e scie nell’aria, di dita e smalto cinabro.
La vita della ragazzina si intreccia a quella di una madre narcisista
e del padre innamorato (al limite della stoltezza) di questa splendida moglie,
in una tremenda danza tra ricerca d’amore e cattiveria vendicativa.
Un libro pesante di sentimenti inespressi e inesistenti, che
lascia increduli. Tristi, svuotati.
Come si può? Come si può essere madre e boia?
E invece, la scrittrice ci spiega che sì: si può e lei lo
sa benissimo. E ce lo racconta con un aneddoto da nulla: l’organizzazione di un
grande ballo che la famiglia di parvenu, finalmente, si può permettere, dopo un
passato misero.
Cacciata a dormire in uno scantinato, cosicché anche la sua
stanza da letto possa diventare parte della giostra di luccicori organizzata dalla
madre, la piccola Antoinette, relegata al ruolo d’eterna infante per non
offuscare prematuramente la bellezza materna, si culla tra odio crudele e
bisogno di tenerezza.
Un libro torbido, che infila lame in ponfi infetti, di affetti
tossici. E ci lascia stremati, impotenti, arrabbiati.
Si legge in un soffio.
Ma rimane un cerchio alla testa e in bocca quel sapore
metallico di alito cattivo e sangue che solo la Némirovsky sa lasciare. E fra
qualche mese, tornerà il suo ammaliante richiamo.
‘Era l’attimo, l’istante impercettibile in cui si
incrociavano “sul cammino della vita””, e l’una stava per spiccare il volo,
mentre l’altra si avviava a a
sprofondare nell’ombra. Ma non lo sapevano.’
#ilibridihollyeponyo
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