LIBRO 32-11/2020
Nel mare ci sono i coccodrilli, Fabio geda,
Baldini & Castoldi (2010), 2013.
NO
SPOILER
Quando leggiamo una biografia il nostro atteggiamento è diverso. Anche senza volerlo ci predisponiamo all'accoglienza della persona reale che siamo destinati ad incontrare e conoscere all'interno delle pagine. E con lo snocciolarsi degli eventi, con lo scivolare tra i capitoli, ci scopriamo a soffrire e a gioire con il protagonista. Viviamo una tensione reale, una sincera preoccupazione per quello che può accadere. Siamo consapevoli che il protagonista sopravvivrà in quanto è il narratore del romanzo Ma come? A quale costo? Questo ce lo svelano le pagine mantenendoci in uno stato di agitazione continua.
Fabio Geda ci racconta la storia di
Enaiatollah, bimbo di una dozzina d’anni che rischia di essere ucciso, dai
talebani e per evitare l’immotivata morte a cui sta inesorabilmente andando
incontro, parte, con la mamma.
Un
brevissimo romanzo con un impatto istruttivo difficile da percepire in quanto le
informazioni sulla vita in Afghanistan e sulle modalità di fuga da un paese all’altro
ci arrivano con leggerezza senza alcuna intento didattico. Ma ci arrivano e non
possiamo fingere che non sia così. Geda cii sbatte in faccia cosa significa
nascere in un posto dove nulla è scontato, nemmeno che un bimbo abbia il
diritto di vivere.
Ho
apprezzato la narrazione concreta diretta, a volte rude, altre naive. Ho adorato
certi esempi meravigliosi: paragonare i sogni alla carota davanti al naso
dell'asino oppure l'altezza di un bimbo a quella di una capra.
È un
libro emotivamente pesante: gli accadimenti sono reali, questo fatto spesso
strugge… Bisogna avere un certo stomaco ed occhi asciutti per sopportare la
follia di alcuni trasferimenti a cui è sottoposto il protagonista. Racconti soffocanti,
dolorosi, ricchi di ansia e paura perché la vita non si interrompa, che ha un
qualcosa di primordiale; ma insegna l’accoglienza. Ci consiglia di ascoltare
prima di avere un'opinione, a fare, ad aiutare prima che l'altro chieda. Leggerò
di certo anche la continuazione anche solo per la curiosità di sapere come sta
il resto della famiglia del protagonista al quale pagina dopo pagina ci si affeziona
come un figlio.
E
ricordiamoci sempre che afgano non è sinonimo di talebano.
#ilibridihollyeponyo
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