LIBRO 34 - 11/2021
LA CASA DEGLI SGUARDI, DANIELE MENCARELLI,
(2018), MONDADORI, 2019.
NO
SPOILER
Quando ero adolescente mi raccontavano come i manganelli dei carabinieri provocassero danni enormi senza lasciare lividi troppo evidenti. “La casa degli sguardi” non è una badilata in faccia. “La casa degli sguardi” è come la leggenda metropolitana dei manganelli: qualche livido in superficie e stomaco e cuore a sbrindelli.
Ma
negli occhi quintalate di meraviglia.
C'è un
modo per discorrere delle malattie gravi nei bambini? C'è un modo per
descrivere la morte, di un bambino? Parlare di una bara bianca con dentro una
creatura che hai conosciuto a cui ti sei affezionato o di cui non conosci
nulla, nemmeno il nome… C'è un modo per descriverlo quell’inferno lì? Mencarelli intinge il suo pennino nel dolore che
è un inchiostro di colore rosso cupo e un pennino che assomiglia più ad un
bisturi.
Ma ci
riesce, ci riesce benissimo Mencarelli e crea un protagonista (che forse non è
per nulla personaggio) di un splendore disarmante. Un giovane uomo che si
ferisce tanto con i petali quanto con le spine, che ha attraversato le peggiori
dipendenze perché incapace a sopravvivere nella durezza e bellezza del mondo. Venuto
al mondo senza gli strumenti per proteggersi, senza la corazza che permette ai
nostri animi di arrivare al giorno successivo nonostante gli scontri, gli
incontri, gli abbracci e le cadute.
Una
sensibilità unica profonda perfetta che non trova un suo equilibrio nella vita reale.
“Si
parli, semmai, di fragilità, di esseri nati con la pelle più sottile, un
bassissimo numero di anticorpi a ogni bene e male del mondo, dal dolore alla
tenerezza, malinconia e amore compresi”.
“La
casa degli sguardi” lascia con gli occhi pieni di splendore come bisacce stivate
per gli inverni aridi di bellezza, come chicchi di grano sulla nostra vita brulla,
ma non lo nascondo, con il cuore sfasciato: è un gioco masochista è una lingua
che batte continuamente sul dente che duole perché in mezzo a tanta sofferenza,
raccoglie meraviglia, incanto.
Dicevo
proprio stamattina ad un’amica-di-lettura che dai libri di Mencarelli mi aspetto
sempre meraviglia, è solo la dose che cambia, perché è un essere dalla
sensibilità fragile: è una di quelle “persone che le inchiodi con poco, basta
un fiore per bucargli la pelle.”
Posso
chiedere a babbo Natale che ne faccia scoprire una dozzina, di Mencarelli, per
l’anno nuovo? Non di più però, che poi non ce la faccio a star dietro alle
pubblicazioni…
“Ma la
poesia lo testimonia il dolore, non lo cura. Le parole mi accompagnano da
sempre, sono cristallo e radice, viaggio e lama, sono tutto, tranne medicina. La
poesia non cura, semmai apre, dissutura, scoperchia.” Pag. 10
“La
nostalgia arriva col suo macigno lanciato da lontano…” p. 21
#ilibridihollyeponyo
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