Fiore di roccia, Ilaria Tuti, Longanesi, 2020
(NO SPOILER)
Fiori di roccia è uno di quei romanzi che paiono più ricamati che scritti: un filo prezioso, sottile, traccia le parole una di seguito all'altra con una precisione delicata ma esatta. E' una scrittura lirica, evocativa: una voce che può essere solo femminile.
La storia è scabra, dura affilata e sbrecciata, come le rocce tra cui si ambienta; una vicenda vera da cui è stato tratto un romanzo vicinissimo alla realtà degli anni della prima guerra mondiale, in Friuli, su vette di confine. È la storia di donne di montagna, contadine dal cuore tenero, dolce ma chiuso sotto scorze dure di lavoratrici sfinite.
Fiore di roccia è la stella alpina così delicata, così bella e così tenace. Un fiore di roccia è ognuna di queste donne che accetta l'incombenza più pesante richiesta dalla guerra: divenire veri e propri animali da soma. Con i piedi fasciati nei leggerissimi scarpetti con le gonne ricamate e i grembiuli, i capelli raccolti e le gote rosse, queste donne, fanciulle e bambine si inerpicano tra rocce affilate e sentieri disegnati nella memoria più che tra le erbe, tra rovi schegge di pietra o ghiacci acuminati.
Salgono per portare i rifornimenti ai militari posizionati negli avamposti più alti dove nessuno riusciva a giungere. Gerle sulle spalle con fibbie in cuoio che incidono la carne queste donne trascinavano carichi di: munizioni, armi, cibo, abbigliamento, medicinali, lettere, che altimenti non sarebbero mai arrivati ai giovani alpini disseminati tra i monti a proteggere dal nemico austroungarico.
Scendono poi altrettanto cariche, di ragazzi morti, per i quali, al paese, scavare buche e recitare preghiere.
Carichi troppo pesanti per le spalle ma non abbastanza da piegare l'orgoglio.
Una storia vera, di sfinimento, di fame, di paura e dedizione. Una storia che è amore per la Patria e per questi uomini che divengono figli fratelli innamorati, uomini di cui prendersi cura nonostante la fatica disumana necessaria.
E sono questi scarpetz un pezzo di cuore della storia: cuciti a mano dalle donne, di notte, formati da strati di pezze sovrapposte, stoffe rubate agli abiti belli per calzare i piedi degli amati alpini in guerra per garantire silenziose incursioni vittoriose.
Silenziose come le montagne, come queste donne e i loro cuori tenuti a tacere.
Per non soffrire troppo.
"A volte penso di essere anch'io una gerla: scortecciata dalla vita fino a che è rimasto solo il necessario, incisa da perdite, spellata dal bisogno."
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