E' una questione di persistenza del contatto. E' quello, ciò che permane. E rimane.
Ci appoggi le dita: un gioco di punta che sfiora, a ri-cercare, ripetere, reiterare, difficilmente funziona. Mantieni serrate le palpebre, testardo, e lo ritrovi, l'istante esatto del tocco, ma è un nulla e diviene nuovamente ricordo.
Non sono baci quelli che mi porto alla luce del giorno (bagaglio onirico per lunghi viaggi di ore e vita e cose da fare...) mi tengo le carezze, sempre. Sulla guancia, sinistra.
Resta lì, la carezza, sospesa. In un tempo solo suo, effimero ed eterno.
Acrobata immobile, sullo scorrere immutato. Equilibrista, tra veglia e sonno.
Un ricordo di calore di odore di impronta, sulla guancia, sinistra. E perdo tutto, perdo gli occhi: lo sguardo, quello che aggancia appena prima; perdo il braccio, i colori della pelle, memoria selettiva anche in sogno...
Ma rimane quell'attimo esatto, rimane l'accostamento, che diviene leggera pressione e sfioramento.
Incontro perfetto, fardello che mi porto in spalla, oggi, e mi risveglia un sorriso a questa giornata ancora bigia, per metà.
Un nulla.
Ma non voglio altro. Oggi.
Mi alzo: si va in scena, nel teatro d'ogni giorno, con la brezza nuova. Giusto un alito: mi tiene a braccetto, per poco, che basta quello a rendere terso lo sguardo...
E che nessuno mi sfiori, sulla guancia, sinistra: ho un sogno, da mantenere oggi...
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