sabato 12 febbraio 2022

Le stazioni della luna, Ali Farah

 4 - 2/2022

Ubah Cristina Ali Farah, Le stazioni della luna, 66THAND2ND, 2021.

NO SPOILER


Donne. Due donne molto diverse: una bianca, una nera, una giovane: Clara, una d’età matura: Ebla, una cresciuta in una tribù nomade, una in bella casetta in città, una depositaria di generazioni di saggezza tribale, l’altra novella maestra pronta all’insegnamento; due donne nate in Somalia, che ritengono l’Africa la loro terra. Siamo nel 1950, l’Italia deve accompagnare la Somalia in una fase di “Amministrazione fiduciaria” di transizione.  

Il colonialismo italiano e le usanze tribali si guardano in cagnesco, in una Mogadiscio spaccata in due. Ci si trova, di fronte a posizioni opposte, e ad appoggiarne le ragioni col medesimo entusiasmo. E niente è in grado di metterci maggiormente in crisi. Perché le tradizioni somale vanno indubbiamente rispettate e mantenute, ma la civiltà porta un pediatra tra bimbi curati con litanie e miscugli magici, porta una maestra dove non si utilizza la scrittura.

E le due donne con il loro bagaglio di differenze che più greve non si può, si amano, come madre e figlia.


Il romanzo ci apre la porta ad un passato nascosto: questo colonialismo taciuto e spesso dimenticato, ci dà una bella tirata d’orecchi e un calcio nel di dietro. Ci sbatte dietro la lavagna con gli orecchi d’asino e non urla, non ringhia, non graffia. Racconta con freddo distacco e dolore trattenuto, mesto. Col sorriso di chi ha vissuto e visto tutto. E ci lascia il compito di trarne conclusioni, senza schiamazzi.


C’è poi questo aspetto che non avevo mai davvero affrontato e non riesco ad immaginare: come ci si può sentire italiani se mai si è vista la patria? E cos’è la patria? Quella di chi ti ha generato? O quella che ha visto i tuoi primi passi. Quesiti quanto mai attuali serpeggiano lungo tutto il romanzo. 

“Clara si chiedeva se avesse davvero senso rimpatriare in un paese in guerra, quando a casa loro erano al sicuro. Qualcosa Le sfuggiva in quel ragionamento: patria corrispondeva a casa o piuttosto era a casa la patria?” Pag. 36

Mi è dispiaciuta la brevità, mi ha lasciato un po’ con la bocca asciutta, avrei preferito più pagine, più dettagli, più vita. E invece resto con la voglia di capire, di conoscere, di sapere. Ma forse è anche questo il bello di certi libri: ci lasciano più assetati di quando li abbiamo avvicinati.


E sia, accetto consigli su tematiche simili, affrontate con sincerità e senza clamore.


"La vita è semplice quando si adempie ai propri compiti, quando ci si adatta alle circostanze. Ma cosa rimane dei desideri, se non sappiamo tenerne conto?" Pag. 101 

#ilibridihollyeponyo


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