“Blu”, Giorgia Tribuiani, Fazi editore 2021
Giorgia Tribuiani ci attacca un guinzaglio
e, rude, ci trascina (peraltro in malo modo), nella foresta della follia; non
ci accompagna delicatamente, non ci guida, ci strattona a forza, sempre più
giù, nei luoghi delle nostre paure recondite, delle ansie. Non è un viaggio per
tutti, ci vuole stomaco e destrezza, perché la Tribuiani non molla la presa e
la discesa è impervia e il ritmo serrato…
Blu è un viaggio claustrofobico attraverso
una mente ora in equilibrio, ora pericolosamente disturbata in costante
tensione, col timore che qualcosa di brutto accada e che da lì, poi, non ci sia
un rimediabile ritorno. È un monologo ma è anche un dialogo con se stessi. L'autrice gestisce maestosamente
una matassa a più fili: la narrazione si srotola parallelamente tra: la vita
della diciassettenne Ginevra/Blu, quella che la protagonista crede di vivere e
quella che ha trascorso negli anni dell'infanzia. Il tutto in prepotente
contemporaneità, con un'operazione di coesistenza simultanea perfetta,
intrecciata a doppio filo con l’arte. La pittura, in cui la protagonista
eccelle e la scoperta delle performance art la portano a rivedere la
prospettiva di se stessa, i propri sogni e bisogni.
A Ginevra/Blu ci si affeziona, perché
siamo stati tutti adolescenti: meravigliosi insopportabili impulsivi affettuosi
menefreghisti stronzi, esattamente come lei, fragili corazzati delicati
sensibili egoisti. E per lei ci si terrorizza, si teme che si faccia male, che
le facciano male che si scopra nelle sue diversità e debolezze o che le scoprano
estranei pronti a metterla alla gogna. Questo libro si legge, quasi in apnea, pagina
dopo pagina, in una crescente tensione, ripetendo a mezza voce una nenia: “Adesso
smettila Blu, non esagerare Blu, stai tranquilla blu, non fare così Blu, torna
tra noi.”
Blu ci accoglie nello spazio circoscritto
dei suoi pensieri: ambiente ampio, dilatato ma contemporaneamente chiuso e
soffocante, schiacciato da sensi di colpa attuali e antichi. I luoghi non sono
quelli del mondo reale ma quelli del pensiero che a volte trovano alloggio
nella camera da letto, a volte nel bagno, in cucina, sul tram, al banco, in
pochi altri luoghi reali; rimanendo principalmente luoghi della mente.
Giorgia Tribuiani dondola con maestria tra
la gli spazi del pensiero, lasciandoci interdetti a chiederci: “ma sta
accadendo? O è un ricordo? O lo immagina?” e ci strascica angosciati attraverso
elucubrazioni, ridondanze, allucinazioni, disturbi ossessivo compulsivi, parole
da ripetere, oggetti da calcolare, numeri che devono essere pari, battiti di
ciglia che vanno contati e così i grani di riso. Gocce di olio che non possono
cadere sul latte delle fette di mozzarella e contaminarle. Lampioni che non
possono essere diciannove ma bisogna tornare indietro e trovarne ancora uno,
venti, per trovare pace. E respiri che si interrompono e cuore che batte. E
batte. E batte. Con una voglia incredibile di abbracciarla, questa Blu,
stringerla, che noi lettori vogliamo proteggerla, noi lettori le vogliamo bene.
Uno spaccato sull’adolescenza e le sue
caratteristiche primordiali, Blu è anche questo. Un centrifugato di emozioni
straordinarie, mai piatte: sesso che è esaltante oppure fastidioso, amore che è
uomo o donna, amicizia che non c’è e vorresti totalizzante, cibo da ingoiare o
digiunare, abbracci o porte sbattute. Tutto bianco o nero. Anzi no. Bianco o
Blu.
Io conosco questa autrice in FB. Se avessi
scelto un aggettivo per lei avrei pensato a “graziosa”, esteticamente certo, ma come modi,
come approcci. Non la conoscevo come scrittrice (mi concentrerò a breve su
“Guasti” e “Padri” poi) e no, non è graziosa. È potente. È vigore. È tenace.
Non è un alberello di pesco o un cucciolo col fiocco. È un vento indomito, un
bosco serrato, un randello. Una falce. Non è “graziosa”.