martedì 21 settembre 2021

Fiore di Roccia, Ilaria Tuti

Fiore di roccia, Ilaria Tuti, Longanesi, 2020

(NO SPOILER)

Fiori di roccia è uno di quei romanzi che paiono più ricamati che scritti: un filo prezioso, sottile, traccia le parole una di seguito all'altra con una precisione delicata ma esatta. E' una scrittura lirica, evocativa: una voce che può essere solo femminile. 

La storia è scabra, dura affilata e sbrecciata, come le rocce tra cui si ambienta; una vicenda vera da cui è stato tratto un romanzo vicinissimo alla realtà degli anni della prima guerra mondiale, in Friuli, su vette di confine. È la storia di donne di montagna, contadine dal cuore tenero, dolce ma chiuso sotto scorze dure di lavoratrici sfinite. 

Fiore di roccia è la stella alpina così delicata, così bella e così tenace. Un fiore di roccia è ognuna di queste donne che accetta l'incombenza più pesante richiesta dalla guerra: divenire veri e propri animali da soma. Con i piedi fasciati nei leggerissimi scarpetti con le gonne ricamate e i grembiuli, i capelli raccolti e le gote rosse, queste donne, fanciulle e bambine si inerpicano tra rocce affilate e sentieri disegnati nella memoria più che tra le erbe, tra rovi schegge di pietra o ghiacci acuminati.

Salgono per portare i rifornimenti ai militari posizionati negli avamposti più alti dove nessuno riusciva a giungere. Gerle sulle spalle con fibbie in cuoio che incidono la carne queste donne trascinavano carichi di: munizioni, armi, cibo, abbigliamento, medicinali, lettere, che altimenti non sarebbero mai arrivati ai giovani alpini disseminati tra i monti a proteggere dal nemico austroungarico. 

Scendono poi altrettanto cariche, di ragazzi morti, per i quali, al paese, scavare buche e recitare preghiere.

Carichi troppo pesanti per le spalle ma non abbastanza da piegare l'orgoglio.

Una storia vera, di sfinimento, di fame, di paura e dedizione. Una storia che è amore per la Patria e per questi uomini che divengono figli fratelli innamorati, uomini di cui prendersi cura nonostante la fatica disumana necessaria. 

E sono questi scarpetz un pezzo di cuore della storia: cuciti a mano dalle donne, di notte,  formati da strati di pezze sovrapposte, stoffe rubate agli abiti belli per calzare i piedi degli amati alpini in guerra per garantire  silenziose incursioni vittoriose. 

Silenziose come le montagne, come queste donne e i loro cuori tenuti a tacere.


Per non soffrire troppo.


"A volte penso di essere anch'io una gerla: scortecciata dalla vita fino a che è rimasto solo il necessario, incisa da perdite, spellata dal bisogno."

venerdì 17 settembre 2021

Shantaram, Roberts

 Shantaram, Gregory David Roberts, Neri Pozza Editore, 2005. (NO SPOILER)

Shantaram è una bustina da te: il tempo dell’immersione e inizia la magia. 

La magia del viaggio.

È un vero e proprio viaggio dei sensi, Shantaram. Se riusciamo a lasciarci andare, saranno i profumi a trasportarci: di spezie nei cibi, nei mercati, sulla pelle e tra i capelli delle donne. Sopporteremo il tenace puzzo dello slum con le sue fogne a cielo aperto, del corpo di uomini ammassati nelle prigioni, del sudore che bagna le vesti. Ascolteremo risa, musiche, canzoni, tintinnio di bracciali e cavigliere. Assaggeremo riso e berremo tè fino a non volerne più, proveremo il sapore metallico del sangue, del latte caldo, o di pezzi di carne quasi putrida. E sentiremo le nostre dita secche, ghiacciate, fredde oppure sudate. E anche le droghe ci fporteranno in viaggi tra brume e nebbie ovattate.

Sarà un continuo turbinio dai lustrini e campanelli di Bollywood alle tinte tenui dei monaci, dalle tonalità indefinite degli abiti dei poveri ai colori sgargianti del cielo. Shantaram è tutta l'India.

Shantaram è un viaggio dentro gli occhi delle persone. Occhi dolci amorevoli sorridenti oppure astiosi arrabbiati occhi tenaci occhi sopraffatti, occhi tristi, occhi svuotati dal dolore o ebbri d'amore. Occhi che raccontano nei silenzi.

Shantaram è il viaggio in India e viaggio dentro il protagonista. Si segue la sua evoluzione passo passo da occidentale a uomo dalla “faccia bianca, cuore nero” “ho la pelle bianca, fratello, ma il cuore è assolutamente indiano”.


Sono1200 pagine che volano, immersi in un viaggio reale e spettacolare come in vacanza, quando alla sera ci si ripete che è già trascorso un altro giorno

Le ultime 300 pagine mi sono un pochino pesate: gli eventi che si susseguono uno dopo l'altro in modo caotico, frastornante e iniziano a stancare le emozioni. Al protagonista accadono pagine di meraviglie ed eventi incredibili (anche incredibilmente orribili, atroci), Quasi per caso: come se fosse sempre in prima fila ad assistere allo spettacolo, fino a divenirne, ogni volta, protagonista. Dopo 800-900 pagine intrise di eventi spettacolari ci si sente quasi tirati per il naso. Scherzando ho raccontato più volte che nelle ultime 300 pagine mi aspettavo l'ingresso trionfale persino di Babbo Natale.

Ma è un libro che va letto, anche e soprattutto perché emotivamente coinvolge (a volte devasta: ci sono morti che fanno così male, da chiudere il libro come in lutto). Gli errori che il protagonista continua razionalmente e consapevolmente a fare, scatenano nel lettore impressioni forti. Si vorrebbe poter fermare questo uomo, poterlo consigliare, aiutare redimerlo (in qualche modo). Eppure lo si guarda sbagliare più e più volte rimanendo al suo fianco come si farebbe con un caro amico


Ultima cosina: la descrizione minuziosa dei personaggi. Estremamente dettagliati, definiti e credibili, arrivi a vederli, ti pare di incrociarli per strada!  Alla fine mancano, ne soffri fisicamente! A qualcuno ci si affeziona pure in modo particolare, per me è stato il caso dell'indiano Prabaker il cui sorriso mi ha accompagnato anche dopo aver chiuso il libro…

domenica 12 settembre 2021

Danimarca, Agosto 2021, diario di viaggio

Danimarca – Agosto 2021

7 Agosto 2021 Sabato (viaggio):

 Partenza da Sovere (BG) ore 17: 30 direzione Edolo, facciamo l’Aprica, entriamo in Valtellina. Poschiavo, troviamo tempo orribile sul Bernina, con pioggia battente e visibilità a zero. Stremati dall’impossibilità di guidare il nostro bestione alle 20.30 ci fermiamo dopo Saint Moritz, ci facciamo giusto un tè (visto il pranzo luculliano) e in breve ci mettiamo a dormire.

 

8 Agosto Domenica (viaggio): Sveglia alle Viaggio stop a Ulm (non perdiamo tempo nei dettagli) a pranzo e notte in autogrill.

 

9 AGOSTO Lunedì (giorno 1 di vacanza):  

Alle sette lasciamo l’area di sosta e ripartiamo preoccupati: ci mancano ancora quattro ore di viaggio e troveremo di certo code e lavori. Così accade infatti… Restiamo pure completamente fermi per mezz’ora. L’autostrada 7 in Germania è un disastro. Arriviamo all’imbarco verso le 13.30. Ci prepariamo un panino farcitissimo mentre facciamo i biglietti. Pranziamo in camper ci imbarcano! Il traghetto parte alle 14:15, arrivo in Danimarca alle 15.00 inizia il viaggio!

Primo stop alla chiesa Fanefjord Kirke alle 16.30, scopriremo poi che la tipologia delle chiese è sempre molto simile, questa è interessante perché gli affreschi all’interno sono notevoli.

    

Sarò sincera, alcuni anche buffi, divertenti! Il complesso però, col suo piccolo cimitero attorno e la vista ampia, merita la fermata. A seguire facciamo un giretto a spiare la baia in camper, ma non ci dice molto, puntiamo a fare la spesa, passiamo attraverso un paesino pittoresco: Stege, decidiamo di fermarci al ritorno. Arrivati a Mons Klint, andiamo oltre il centro scientifico e parcheggiamo in un ampio slargo, pronti a passare la notte nel bosco.

Sgambiamo i cani. Ponyo decide di farsi un bel bagno di fango. Laviamo Ponyo, Giulia fa allenamento sugli aghi di pino, Sergio cerca info x domani, io preparo la cena. Alle 21.30 ceniamo. E ci mettiamo a letto presto: vogliamo vedere la scogliera all’alba!

 

10 AGOSTO Martedì (giorno 2):  

Sveglia alle 6 ma: piove, ci riaddormentiamo. Sveglia alle 7, il tempo regge, alle 7:30 siamo tutti fuori, i cani no. Percorriamo un sentiero nel bosco fino al centro scientifico e da lì prendiamo il percorso n°4 con la sua scaletta di circa 500 gradini, ci sono un paio di punti panoramici interessanti. Arriviamo sulla riva. È forte il contrasto tra il verde del mare, i ciottoli grigio neri e le scogliere bianche. Mons Klint ci lascia a bocca aperta!

   

Nidi di rondini appiccicati sul gesso chiaro, uccelli che garriscono e sfrecciano. E rumore di onde e ciottoli. Non c’è nessuno, solamente noi. Ed è bellissimo!

         

Arriva il sole che colpisce le pareti di roccia e le rende candide: magnifiche, il biancore in certi punti è accecante. Noi scegliamo di percorrere la strada che dal termine della scaletta gira a destra. La scelta è quasi casuale: abbiamo notato che in quel punto le rocce hanno dei nomi, mentre a sinistra no. Arriviamo fino alla scaletta del sentiero numero 5 e torniamo su, per tutti i 500 gradini, con le debite pause!

Rientriamo in camper felicissimi e vediamo che la gente inizia ad arrivare e parecchia!

Siamo soddisfatti della scelta: scendere di mattino presto ci ha permesso di godere dello spettacolo naturale completamente da soli!

Ci godiamo una colazione con pane e dolci tipici (comprati ieri) dal gusto così strano, sgambata per i cani, (un daino mi attraversa il sentiero ad un paio di metri di distanza!) pulizia camper e ripartenza alle 12.00- Arriviamo alla piccola isola di Nyord in breve tempo. L’accesso è tramite un ponte e la strada stretta è immersa nei campi di grano che finiscono in mare. L’isola presenta subito il suo fascino bucolico. Parcheggiamo e facciamo un giro a piedi nel paesino e sulla costa. Vento e cielo a nubi, l’erba è di un verde tenero, tutti i giardini fioriti, con lillà, zinnie e campanule… Le case hanno spesso il tetto in paglia.

      

Dalla chiesa la melodia di un trombettista che sta facendo le prove. Il piccolo porto è schiaffeggiato da raffiche di vento e il molo ondeggia parecchio!

Pranziamo in camper. Dopo aver fotografato una vanessa atalanta che svolazzava sul ghiaino del parcheggio partiamo, alle 14:45. Arriviamo alle 17:15 a Stevnst klint dopo una merenda dolce (proviamo anche la tipica torta di Mazarino, troppo amarettosa per i miei gusti), parcheggiamo al faro, che è già chiuso, ma non l’avremmo comunque visitato, preferendone altri più a nord. A destra del faro parte una bella passeggiata che nel giro di un paio di chilometri scarsi, porta alla famosa chiesa parzialmente crollata.

Tutta la passeggiata è sulla cresta della scogliera ma, non lo si percepisce, perché protetti da un susseguirsi di arbusti che crescono proprio sulla sommità. La chiesa è chiusa per un evento che avrà luogo in serata, ne siamo molto delusi, da fuori si percepisce davvero poco del crollo che ha subito e non si riesce avere una chiara idea del danno… Scegliamo quindi di scendere al mare per apprezzar le falesie dal basso. La scala è decisamente più breve rispetto a quello fatto in mattinata (saranno 100 gradini in tutto), il percorso abbastanza corto, termina con una scalinata in ferro molto ripida, davvero poco inserita nel contesto.

      

Il tutto ci delude un po’, forse l’esperienza del mattino ha alzato troppo le aspettative… le rocce presentano però una stratigrafia molto più evidente, facile da percepire, interessante!  Però risultano meno bianche, meno “splendenti” e soprattutto meno imponenti. Ci sono cuscini di alghe maleodoranti più ampi, che rendono il tutto meno spettacolare. Rimane comunque davvero apprezzabile, fosse anche solo lo sciabordio delle onde sui ciottoli scuri.

Rientriamo passando dal sito dell’esercito inerente la guerra fredda: gli edifici di accoglienza vicino al faro, una postazione bunker, alcuni spiazzi delimitati dove alloggiavano missili e poco altro. Anche per questo sito, in realtà, ci aspettavamo di più…

Ripartiamo in tempo per comprare pane e latte per domani. Ceniamo e via verso Koge.

Arriviamo alla cittadina in breve tempo e alle dieci di sera siamo in piazza. Tutto è deserto. Ogni via, ogni vicolo, non c’è in giro nessuno. Vediamo la casa a graticcio più vecchia di Danimarca, ora parte della biblioteca comunale.

Ci fermiamo ad osservare svariate case a graticcio davvero pittoresche, anche alcuni negozi, logicamente chiusi, hanno vetrine particolari… ma nessuno è fuori casa. Troviamo giusto un paio di bar con pochi avventori, il resto è il deserto interrotto solo da chi porta a passeggio il cane.

Rientriamo in camper verso mezzanotte e partiamo in direzione di Solrod Strand, a 10 chilometri, con l’idea di fermarci per la notte.

 

11 AGOSTO Mercoledì (giorno 3):  

Sveglia poco dopo le sette, esco a fare un giro lungo la spiaggia di Solrod Strand con i cani. Il paesaggio è perfetto per me! Spiaggia bianca con erbe e cespugli quasi fino al mare, un molo con due pescatori e nessun’altra anima viva all’orizzonte, acqua bassa. Camminando vedo persone arrivare in bicicletta, mollare il mezzo e i quattro abiti e tuffarsi in mare. Vuoi perdere l’occasione di bagnarsi nel Baltico? Torno in camper e Sergio accetta al volo! Via a corse sul piccolo molo e scendiamo dalle scalette dritti nell’acqua non gelata, ma quasi. All’inizio la sensazione è davvero da brividi con blocco della respirazione, ma poi ci si abitua: qualche bracciata il freddo se ne va ed è un’esperienza davvero da provare, ce la ricorderemo!

Ci asciughiamo alla bell’è meglio e via, verso l’area camper “city center” di Copenaghen.

Che delusione! 40 € a notte… Io non ho mai troppe pretese, ma così: niente ombra, una spianata erbo/fangosa. 10 cm di fango all’area carico acqua con la canna che pare uscita da un’esercitazione militare. Niente scarico a terra per il wc nautico, bel problema! Sergio si arrangia con la solita tanica, grrrrrr! I servizi e docce sono molto spartani, su container rialzati. Niente altro e niente lavatrice, io ci speravo tanto!

Dopo pranzo, inforchiamo le biciclette e via! Destinazione Copenaghen!

Dal campeggio in 15 minuti siamo in centro, puntiamo subito alla Sierenetta, ci pare giusto iniziare col simbolo della città, poi la fontana di Gefion simbolo della nascita di Zelanda (si narra che la donna chiese al re di avere della terra da coltivare. Il re le concesse quanta ne avrebbe arato in una notte. Lei tramutò i suoi figli in buoi e passò tutta la notte ad arare! La terra che ottenne si gettò in mare divenendo appunto l’isola di Zelanda).

Ci dirigiamo poi al quartiere di Nyhavn dove parcheggiamo le biciclette e passeggiamo lungo il canale. Le facciate multicolore, i bar di legno antico al piano terra, le bizzarre imbarcazioni ormeggiate, rendono l’intorno davvero incantevole.

Ci fermiamo a prendere una birra in un barettino, i prezzi sono decisamente alti, ma ce lo concediamo.

Dopo lo stop, torniamo verso il camper visitando Christiania. Che shock! Sapevo di un angolo di mondo con regole sue, dove peace and love e Hippie e… ma i banchetti per la vendita di erba al dettaglio, non me li immaginavo nemmeno lontanamente! E la marijuana coltivata nelle aiuole e sui terrazzi, da non credere!

Abbiamo passeggiato un po’, scelto un locale carino dove forse torneremo, visto un’esposizione di artisti di una scuola milanese (!!!), osservato murales, cartoline, ambienti graziosi e mucchi di sporcizia, aree autentiche e pittoresche, altre sporche, imbrattate, lerce.

Ma credo sia anche questa dualità, il suo bello. Alle 18.00 torniamo in camper che i cani e Giulia hanno bisogno di sgambare.

Verso le nove ceniamo e decidiamo di passare la serata in camper.

 

12 AGOSTO Giovedì (giorno 4):

Giornata interamente dedicata alla città. Alle 9,30 usciamo, puntiamo al castello di Rosenborg che conferma l’apertura alle 11, dunque scegliamo subito di andare al giardino botanico e serre. Il parco esterno è meraviglioso, peccato avere poco tempo… sarebbe bello avere mezza giornata da trascorrere leggendo un romanzo sulla riva del laghetto con ninfe e anatroccoli. Facciamo il biglietto cumulativo di vari musei, dunque entriamo nella serra delle palme e trascorriamo un paio d’ore tra piante dalle provenienze più diverse: dalle aree calde e secche di cactus e succulente, agli ambienti umidi e nebbiosi delle foreste tropicali. L’edificio è notevole, con le scalette a chiocciola in ferro bianco, per accedere alla cupola (umidità e caldo insopportabili) per vedere dall’alto la vegetazione rigogliosa. Merita.

   

 

Poi la serra delle farfalle ci lascia davvero senza parole. Ho visto altre realtà dedicate alle farfalle, ma niente di paragonabile! Una moltitudine sfarfallante sulle lantane rosa o arancioni, sfreccia senza paura e si appoggia sulle braccia o sui capelli, un sogno!

       

Subito rientriamo in camper. Dobbiamo fare compagnia alle belve: soffrono la città! Pranziamo, ci riposiamo un po’ ma via nuovamente, alla volta del museo di scienze naturali, per conoscere Tristan Otto: lo scheletro di T rex completo al 70% esposto al piano terra. Il museo è davvero ben allestito. Ci colpisce la scelta delle musiche e dei suoni di sottofondo, interessanti i video esplicativi, forse un pochino brevi e superficiali, ma utili. Le didascalie sono ben fatte, tutto anche in lingua inglese. Altri scheletri di dinosauri sono esposti, oltre al T-rex che è davvero magnificente.

  

 Al piano primo, oltre alla collezione di pietre che degniamo giusto di uno sguardo, c’è l’esposizione delle fotografie world award natural photograpy. Ci spendiamo almeno un’ora ad ammirare scatti notevoli negli ambienti più diversi: tigri, meduse, formiche, orsi polari, stambecchi… anche di artisti giovanissimi (e due tra i vincitori sono italiani!!!).

 

Dopo il museo avremmo voluto fare un salto al Hard Rock caffè, per la maglietta di rito alle ragazze, ma è momentaneamente chiuso Delusione… Dunque abbiamo comprato una bevanda di Starbucks e un dolce. Poi siamo tornati in camper. Lunga sgambata alle bestiole: un’ora a corse, io sono stanchissima! Relax, una mezz’ora, cena e fuori di nuovo, per vedere Copenaghen di notte.

Passeggiata di tre ore. Percorriamo pure Stroget: la via dello shopping più lunga d’Europa, i negozi sono chiusi ma le vetrine accese e tutto è vivibilissimo!

Che bellezza, le strade, di notte sono uno spettacolo di colore, soprattutto questa settimana che c’è il pride: edifici illuminati con i toni dell’arcobaleno, punteggiano la città come fuochi artificiali! Noi camminiamo e camminiamo per ore. Sono proprio contenta di essere uscita, nonostante la stanchezza!

Rientriamo. Cani. Sonno.

 

13 AGOSTO Venerdì (giorno 5):

Partiamo in bicicletta alle 10:30 per andare a vedere il castello di Rosenburg. Prima facciamo una piccola pausa souvenir, nella via delle facciate colorate a Nyhavn.

Il castello. Causa covid tutto l’appartamento al primo piano era chiuso. Dunque dell’edificio in sé abbiamo visto il piano interrato con i gioielli della corona, il piano terra, con alcune stanze private maschili e il secondo con il salone delle danze- sala banchetti.

Ho apprezzato moltissimo, a quest’ultimo piano, il gabinetto delle ceramiche e quello dei vetri. I gioielli (nel seminterrato), come tutte le guide sottolineano, valgono da soli la visita.

Il parco all’esterno è davvero accogliente, di nuovo mi dispiace dover correre dai cani per farli uscire un po’… preferirei riposarmi nel parco e riprendere la visita. Invece torniamo in camper e ci fermiamo per il pranzo ed un po’ di riposo. Inforchiamo nuovamente le biciclette alle 16:30, per fare un giro panoramico del centro. Passiamo da Amalienborg, ci fermiamo in piazza per osservare le architetture e le guardie col cappello altissimo. Arriviamo alla Marmorkirche nel momento della chiusura, salutiamo la statua di Kirkegard, un po’ dispiaciuti, passiamo davanti alla chiesa russa ortodossa per ammirare le campane a vista e le cupole d’oro. A seguire arriviamo alla Rundetarn, siamo saliti! Che forte! Una rampa dolce sale fino ad un’altezza di 25 mt e poi, tramite scale va oltre, fino ad una terrazza magnifica sulla città. Durante la salita, vari step fanno riprendere fiato: una mostra di tappeti e borse di una attività coordinata tra designer danesi e donne, artigiane della Guajira; poi si visita una sala dei “ricordi”: vari rimandi alla torre nella storia. C’è anche la possibilità di entrare nel nucleo cavo della torre, tramite un pavimento di vetro, si possono vedere i 25 mt di buco che determina lo zero geografico della Danimarca. Anche l’orologio astronomico merita una tappa, posto quasi alla sommità…

Dalla terrazza esterno, in alto, una bellissima vista sulla città

Girellando in centro, troviamo in Rodhuspladz il pride, ci entriamo subito e veniamo assorbiti dal mondo colorato e festoso dei partecipanti, per un po’ ci facciamo trasportare dall’energia esuberanza, eccentricità e dall’entusiasmo di questi sogni e ideali.

 Affamati ci concediamo una pausa Mc Donald’s, assaggio il panino vegetariano: buono, ma quello di Burger King è meglio. Facciamo qualche fotografia in braccio ad Andersen (statua scovata da Giulia direttamente dalla finestra del fast food).

       

Prima di rientrare passiamo in due vie veramente uniche: Magstraede e Snaregade, le due più antiche della città; pare di entrare in un paesello, non di attraversare la capitale! In camper Facciamo correre i cani e lasciamo Copenaghen.

Arrivo a Rungstedlung in tarda serata, parcheggiamo alla marina, troviamo corrente e acqua, chiediamo informazioni, sono gratuiti!

 

14 AGOSTO Sabato (giorno 6):  

Rungstedlung (casa di Karen Blixen) Non troppo presto, facciamo un bel giro sul porto con i cani. È davvero grande e affollato! La giornata è nuvolosa, di mattino c’è un certo venticello fresco. Facciamo una corsa al supermercato per comprare il necessario per colazione ed un pranzo veloce, poi di nuovo a passeggio con i cani. Entriamo alla casa di Karen Blixen appena apre: alle 11. Qui gli orari lavorativi sono così diversi rispetto all’Italia, certo che vivono meglio, ma per il turista è una corsa contro il tempo! La visita è davvero emozionante. L’edificio è semplice, elegante ma non sfarzoso, contenuto, con una piccola cucina, una bella sala da pranzo e la camera da letto della scrittrice. L’allestimento è rimasto quello degli anni in cui la Blixen ci viveva, al ritorno della sua permanenza in Africa. Molto toccante! Trovare poi lettere, biglietti e manoscritti, persino il menù del pranzo di Babette appeso in cucina; è stato davvero coinvolgente.

     

    

Oltre alla casa è notevole anche il parco con lo stagno, i boschetti e il piccolo giardino fiorito, le panchine, i nidi per gli uccellini e soprattutto il faggio con la tomba della Blixen. Una visita da non perdere.

Un breve trasferimento, un pranzo veloce ed entriamo a Humlebaek al museo Luisiana che, contrariamente a tutto quello che abbiamo visitato fino ad oggi, chiude alle 18:00. L’architettura è davvero notevole, la posizione a picco sulla costa è mozzafiato. Però le temporanee che abbiamo trovato non ci hanno proprio entusiasmati, ci hanno lasciati un po’ scocciati, abbiamo visto artisti davvero poco noti e alcuni anche di dubbio gusto.

Le permanenti: Giacometti e un’installazione di luci colorate molto avvolgente sono davvero notevoli, pure il pollice alto un metro e ottanta ci ha incuriositi e le sculture nel parco.

         

Sono state le temporanee a deluderci: troppo particolari, troppo di nicchia. Ci siamo seduti una decina di minuti ad apprezzare la vista all’aperto e già erano le 18.00, tutti fuori.

Al camper abbiamo fatto fare un giro ai cani, spesa per la cena e fermo in un’area residenziale vicino al bosco, per permettere alle belve di trotterellare liberamente. Domani ci aspetta Shakespeare e il castello di Amleto

 

15 AGOSTO Domenica (giorno 7):  

Ci svegliamo presto perché i cani sentono i danesi fare jogging e portare i cani a camminare. Insomma, reclamano il loro giro. Dunque in piedi e via nel bosco. Facciamo colazione e per le 9:30 ci mettiamo in marcia. Parcheggiamo e con una breve passeggiata siamo alla nostra meta: il Kronborg castle. Il castello merita solo per tutto ciò che gira attorno a Shakespeare e Amleto perché per troppo tempo fu in mano all’esercito (pure la cappella venne utilizzata come aula di esercizio della scherma), dunque ogni arredo non è originale, ma risalente all’epoca e posizionato nel 900. I soffitti lignei a cassettoni, stucchi e decorazioni tutto perduto, o nell’incendio che lo distrusse in un primo momento o dall’uso dell’esercito. La cappella invece presenta ancora l’antica decorazione ed è veramente pregevole.

Ma, il castello va visitato. Soprattutto se si ha la fortuna di trovare una guida in costume che si presenta come Orazio, l’amico fidato di Amleto che ebbe da lui la preghiera di raccontarne la storia. La guida, con toni teatrali, ci ha accompagnati nei luoghi salienti della tragedia, inscenando o raccontando gli eventi: ora nella cappella, ora nella stanza della madre di Amleto, ora nella sala del duello. Il tutto ha reso la visita trascinante e persino divertente. Abbiamo poi visitato in solitaria tutte le stanze e i sotterranei delle casematte: non c’è un percorso particolare. Siamo rimasti nel castello circa tre ore e ci sono letteralmente volate! Anche l’esterno a picco sul mare, con la Svezia a un palmo di naso, merita la passeggiata!

        

Pranziamo (stanchi ma entusiasti dell’esperienza) nel parcheggio e facciamo correre i cani (più e più volte) nell’enorme area verde adiacente. Ripartiamo in direzione Roskilde. Facciamo però due deviazioni maturate in questi giorni: una ad Arken, per ammirare l’architettura del museo di arte moderna. Le esposizioni attualmente in corso non mi convincono, la delusione di quelle trovate nel Luisiana è troppo fresca, dunque decidiamo di non entrare, tra l’altro, nemmeno saremmo riusciti, siamo arrivati poco prima della chiusura delle 17:00. L’edificio merita. La sua posizione incastonata tra prati di erbe alte, stagni e ponticelli lo rende suggestivo.

Anche gli allestimenti posizionati all’esterno in un percorso libero, immediato, sono interessanti, soprattutto i lampioni contorti e la gabbia con specchio. Ne approfittiamo per far correre le bestiole, che non si stancano mai…

        

E ripartiamo per vedere la seconda deviazione: Haveforeningen Harekaer, un centro abitato con un disegno urbanistico incredibile: dei cerchi perfetti divisi in spicchi. Ogni spicchio ha la sua casetta collocata sul bordo esterno, il resto è destinato a giardino. Al centro del cerchio ci sono i parcheggi, raggiungibili da una sola strada. Dalla strada principale partono le secondarie come fossero steli che si concludono nel singolo cerchio. Interessante, peccato che non si percepisca granché di questo meraviglioso disegno, se non tramite una vista in pianta o dall’alto ma l’idea ci piace molto, rimane verde tutto attorno e le auto concentrate in un punto solo e nascoste.

        

Riprendiamo il viaggio breve, arriviamo a Roskilde alle 19:00, parcheggiamo in un ampio piazzale al porto vicino all’ostello.

 

16 AGOSTO Lunedì (giorno 8):  

Ci svegliamo dopo una buona nottata, a parte qualche colpo di pioggia. Via a passeggio con le belve! Colazione e Museo delle navi vichinghe di Roskilde! Belloooooo!!!

Il museo è un edificio semplicissimo che alloggia e protegge ciò che è rimasto di cinque navi vichinghe. Durante la visita ci sono svariate fonti per conoscere a fondo il tema, noi abbiamo avuto l’occasione di seguire un video di un quarto d’ora, in italiano, poi una guida in inglese ci ha mostrato le tecniche di costruzione, gli strumenti e ci ha nuovamente raccontato la storia della scoperta, del rinvenimento e del posizionamento nel sito. In verità anche solo leggendo i cartelli esposti e analizzando i modellini, avremmo potuto assumere tutte le informazioni necessarie. Le cinque navi provengono tutte dalla stessa area, erano state posizionate lì in quanto imbarcazioni oramai in disuso, e servivano da blocco per l’accesso al fiordo. Una volta divenuto inutile lo sbarramento, le navi, si sono col tempo depositate sul fondo e sono rimaste nascoste per secoli. A metà degli anni ’50, con un grande intervento di ingegneria idraulica per asciugare l’intero sito, le navi sono state rilevate, restituite, catalogate ed estratte. Poi lavate, inserite in glicole (asse dopo asse) e ricomposte nel museo. Sono imbarcazioni diverse! Trasporto merci, militari, pescherecci. Davvero estremamente interessante. La visita viene poi impreziosita dalla possibilità di guardare falegnami che realizzano oggi delle copie di queste navi vichinghe cercando di utilizzare i medesimi materiali e gli stessi strumenti!

   

Ci sono molte attività per bambini. Le mie ragazze sono grandi, ma con Giulia ci siamo comunque divertite a realizzare una piccola barca- ricordo usando solo tavole di legno, sega e chiodi!

Facciamo le due di pomeriggio a segare e inchiodare, rientriamo di corsa perché piove fortissimo!

   

Fortunatamente Sergio e Camilla sono rientrati prima per stare con i cani e preparare il pranzo.

Mangiamo, ci riposiamo e facciamo giocare le belve.

Alle 16:15, decidiamo di sfidare la pioggia battente per vedere la cattedrale.  Imponente, davvero interessante, soprattutto per la quantità di sepolcri reali che contiene. Si può visitare la cripta, con le tombe dei bambini e si può salire in alto ma non accedere al palco reale. Carino l’orologio che ad ogni ora mostra la figuretta di San Giorgio che infilza il drago. La visita potrebbe durare tranquillamente un paio d’ore perché viene consegnata all’ingresso una guida approfondita e dettagliata da sfogliare. All’uscita c’è il sole!!!

    

Torniamo al camper, giretto ai cani. Partiamo. Direzione Odense.

Abbiamo attraversato il ponte che unisce le due isole, 23 km sul mare!

Sotto l’immancabile pioggia, ci fermiamo per  cena e la notte in riva al mare, a pochi chilometri da Kerteminde.

 

17 AGOSTO Martedì (giorno 9):  

Ladby. Dopo una notte di pioggia battente e una sveglia all’alba per automobilisti simpaticoni che passano strombazzando, ci spostiamo al parcheggio del museo nave tomba di Lyn che ha un’ampia area verde dove riusciamo a far divertire i cani. Ci riposiamo fino alle nove, colazione, altro gioco ai cani e entriamo. Il museo vero e proprio è semplice, organizzato per rendere più lunga e appetibile la visita alla tomba. Nel museo si trovano, oltre a vari ammennicoli (la ricostruzione della barca con tanto di omino e animali sacrificati, un arazzo ricamato dalle donne del posto, esempi di abiti dei vichinghi ecc) anche gli oggetti che erano presenti direttamente nella barca o altri ritrovamenti vichinghi, rinvenuti nei dintorni. Interessante, ma la voglia di vedere l’unica barca tomba vichinga (di un re, con 11 cavalli e alcuni cani e giochi e cibi e armi, visibile nel suo luogo di sepoltura) fa scalpitare.

La tomba è fuori, raggiungibile con una brevissima passeggiata, sotto una collina larga 30 metri. Una porta di accesso direttamente ai piedi della collina porta nel cuore della stessa, dove sotto una cupola di cemento, è stata mantenuto quello che resta (praticamente il calco) della barca nella sua posizione originale. Del legname non è rimasto nulla, ma si vedono chiaramente le sagome dei rivetti, delle tavole, e le ossa dei cavalli e cani sepolti con il re. L’ancora originale è ancora al suo posto, con la catena. Molto molto suggestiva.

      

All’uscita i cani ci salutano dai sedili del camper, Ponyo, presa dall’entusiasmo si appoggia al volante e strombazza come il migliore degli automobilisti! Si merita un bel giro!

   

A mezzogiorno ripartiamo. Arriviamo a Odense dubbiosi perché abbiamo letto critiche e giudizi negativi… Invece è carinissima! Allora, andiamo per ordine. Tutto l’ambito Andersen è in ristrutturazione, quindi non completamente aperto al pubblico, anche il biglietto, di conseguenza è ridotto.

La casa dove Hans Christian Andersen è nato, era chiusa, abbiamo potuto solo vederla dall’esterno. Quella dove si è trasferito a due mesi e vi ha vissuto fino a 14 si è rivelata una delusione… Non c’è nulla: una stanzina vuota, con alcune locandine esplicative ed una seconda stanzina con uno scrittoio, un lettuccio e un paio di giocattoli. Il giardino all’esterno è visitabile, ma lo si fa con la morte nel cuore, dopo aver scoperto che ai tempi del bimbo Hans Christian, lì c’era un muro e lui il giardino lo avrebbe desiderato molto!

  

Il museo invece ci è piaciuto. Parte molto lento, al punto che ci si chiedeva quanto altro “nulla” avrebbe esposto… Invece, poi l’ambientazione delle varie favole è stata interessante! Un viaggio onirico da un soldatino ad una principessa sul pisello, dalla sirenetta all’uccellino dorato al brutto anatroccolo, in un susseguirsi di sensazioni coinvolgenti, di evocazioni delicate. Piaciuto!

      

Nella piazza principale della città, davanti alla cattedrale, stavano allestendo un festival dei fiori che aprirà al pubblico fra due giorni, abbiamo però visto già alcune installazioni davvero meravigliose! Fiori e verde a profusioni! Sarebbe bello vederlo completo…

Verso le sette siamo ripartiti per un campeggio molto agreste: un cascinale che permette di alloggiare nel proprio giardino, tra galline zampettanti, gatti, pavoni, un maialotto e alcuni animali in gabbia. La zona lavanderia è una cantinaccia piena di carabattole ammassate e tante tante ragnatele, ma gli elettrodomestici sono pulitissimi e nuovi (c’è una bella asciugatrice!), siamo proprio felici, via di lavatrici come se non ci fosse un domani!!!

 

 

18 AGOSTO Mercoledì (giorno 10):

Egescov castello. Partiamo dal parcheggio bucolico relativamente presto, vogliamo entrare al castello all’apertura per non trovare affollate le stanze aperte al pubblico e sappiamo che è una meta molto frequentata. Che dire, quel sito merita il costo spropositato. Si entra alle dieci. Tutti gli edifici chiudono alle 18.00 ma si può rimanere nel parco e nei giardini fino al tramonto.

Il castello è attualmente abitato dai Conti proprietari Ahlefeldt Laurvig-Bille, dunque solo una parte è visitabile, molto pregevole in verità, ma non troppo ampia… Il sottotetto ospita interessanti collezioni: del giocattolo (abbiamo visto giochi in latta dei primi del ‘900 a molla davvero bellissimi!) degli oggetti da cucina, come proto stampini per biscotti o forme per gelatine… porcellane, stoviglie, cristalli…

  

Oltre l’edificio del castello, molti altri stabili adiacenti sono stati adibiti a scrigno per collezioni: auto e moto d’epoca, alcune anche molto particolari su tre ruote… Velivoli… Un’area da noi poco apprezzata, destinata a museo del campeggio (giusto allestimenti di tende o roulotte stupefacenti). La ricostruzione di una botteguccia di inizio ‘900, con le scatolette, le boccette, bilance e cibi sfusi…

La cosa che rende Egescov meraviglioso però sono i giardini! Aree intere destinate a dalie di mille tipologie e colori, le fucsie, il giardino rinascimentale, l’orto-giardino, le piante odorose, fagioli rampicanti a sfondo, plox ed echinacee di mille tonalità… Aiuole, vasi, bordure, una profusione di fiori incredibibile, e una miriade di farfalle e api!

Vale la pena perdersi!

  

Sculture disseminate tra gli arbusti. Un susseguirsi di ampie aree divise in aiuole caratterizzate da una tematica diversa, con fioriture studiatissime sia da un punto di vista morfologico che cromatico e di rotazione temporale. Noi abbiamo trovato una giornata ventosissima che ha piegato e spezzato tutte le distese di gladioli, una tristezza…

          

Ho provato anche il labirinto nuovo (quello antico, non è più aperto al pubblico per tutelare le radici delle siepi, fragili) all’inizio sembra una sciocchezza, poi le strade si biforcano e ancora e ancora… E va beh!!!

Anche l’area giochi per bambini e ragazzi è davvero ben fatta! Un enorme cuscino di aria compressa su cui saltare, un parco sospeso e molti altri giochi. Da fare!

Ovviamente siamo usciti quando il parcheggio era oramai vuoto (con i debiti ritorni ogni tre ore per far correre le belve). Nel parco si possono portare anche i cani… Se voi non avete una cucciola di 4 mesi che scava i giardini come attività principale e una vecchietta di 11 un attimino aggressiva…

Ripartiti, abbiamo dormito a Vejle per fare la spesa di mattina presto, ma non vedremo né la cattedrale né la sua mummia, non c’è tempo, ci aspetta LEGOLAND!

 

19 AGOSTO Giovedì (giorno 11):  

A Billund non ci arriviamo tardi ma c’è già coda ad entrare e parecchia. Io e Camilla decidiamo di restare in camper: a lei interessa davvero poco e io preferisco non creare altro disagio ai cani, il parco per me è sacrificabile; dunque Sergio fa i biglietti on line e risolve il problema della lunga attesa al volo! E lui e Giula partono. La nostra giornata si divide tra pulizia, giri ai cani e lettura: io di Shantaram, Camilla è alle prese con il conte di Montecristo!). Di Legoland Sergio ha detto che…ne vale la pena, più per quello che rappresenta che per quello che è. È un parco tarato per famiglie, con figli al massimo dodicenni. Le attrazioni non sono adrenaliniche ma cmq carine. Complice forse la giornata un po’ uggiosa, in generale le code sono accettabili. Siamo riusciti a fare tutte quelle che ci interessava almeno una volta (abbiamo saltato DUPLO, per piccini e l’acquario). Bella la miniland anche se particolarmente incentrata sull’area scandinava. L’area a tema “Lego Movie”, la più recente, risulta anche la migliore: veramente coinvolgente il cinema 4D (o5?)D.

  

Nessuna traccia di Star Wars (avevo letto che c’era), probabilmente chiusa per COVID, come (poche) altre parti oppure addirittura smantellata. Visto il generale alto prezzo dei kit in mattoncini LEGO, conviene fare l’investimento del prezzo del biglietto per comperarli nel negozio del parco dove si trovano delle occasioni.

   

     

In serata partiamo alla scoperta delle pietre runiche di Jelling al tramonto!

Le pietre sono un reperto fondamentale per i danesi: risalgono al X secolo e lì compare per la prima volta la scritta “Danimarca” e pure una raffigurazione di Cristo in croce, a rappresentare l’arrivo del cristianesimo nel nuovo territorio riunito sotto un unico re. L’allestimento però mi ha deluso moltissimo! La location è suggestiva, all’interno di un piccolo cimitero ben curato, molto intimo, con la chiesina bianca che fa da guardiano, le pietre sono chiuse in teche di vetro a proteggerle. Le iscrizioni ovviamente si percepiscono ma non sono perfettamente visibili, bastava posizionare a lato un piccolo schema raffigurante il disegno intero, per aiutare l’osservatore a percepire i singoli tratti ed inserirli nella complessità della composizione, invece la tavola riassuntiva di tutte le facce delle pietre, sì c’è, ma è piccola (con rilievi piccoli!!!) e disposta a terra, a lato dell’ingresso della chiesa, quindi richiede un continuo vai e vieni per capire qualcosa in più…

    

   

Facciamo una passeggiata in cima alla collinetta adiacente per avere un punto di vista più alto sul piccolo camposanto e ripartiamo. Indecisi se andare ad Aarhus o saltarla e puntare subito ad Aalborg. Vedremo, speriamo che la notte porti consiglio!

 

20 AGOSTO venerdì (giorno 12):  

Nottataccia! Prendiamo sonno tardi cercando di decidere dove andare e Holly dalle cinque inizia ad abbaiare a tuttooooo! La città ci spaventa, siamo stanchi, assonnati e nervosi, dunque puntiamo a Lindholm, il cimitero vichingo appena fuori Aalborg. Che spettacolo! Un luogo davvero spirituale. Un’ampia area verde da cui affiorano pietre, alcune singole appuntite, altre tondeggianti, ma spettacolari quelle disposte a formare la sagoma di una barca, a segnalare anch’esse una sepoltura. Il tutto in questo verde punteggiato da pecore gonfie di lana e belanti.

  

      

Proprio rilassante. Più ben disposti nei confronti del mondo intero decidiamo di visitare Aalborg e il centro Utzon. Dunque, per gradi… Il museo lo sconsiglio. Non costa molto, ma l’unica cosa davvero notevole è la struttura: un palazzo espositivo davvero bello (ultima opera progettata dall’architetto dell’Opera di Sidney), con un’interessante scelta dei materiali, un chiostro centrale su cui affaccia un corridoio espositivo che gira tutto attorno alle vetrate sul verde fiorito, arredato per un caffè all’aperto e un’arnia per le api.

  

      

La mostra monografica su Utzon è basata su qualche stampa 3D con didascalia ed esclusivamente video. Io avrei voluto vedere dei disegni, schizzi autografi, qualche modellino vero… Invece no. Delusione. Le due monografiche che abbiamo trovato, lasciamo stare. Sembra un museo emozionale, di sperimentazione empirica più che una fondazione di architettura. So di risultare esigente e spocchiosa, ma buttare i soldi non mi piace! Dopo il museo abbiamo fatto un giretto in città. Aalborg è carina, niente di indimenticabile, ma vivibile, con un bell’affaccio sul fiordo, edifici moderni, viva, pulita. Carina!

 

Abbiamo preso un caffè e siamo tornati in camper. Ceniamo in autostrada, arriviamo a Skagen di sera tarda e scegliamo il parcheggio fuori da una scuola per passare la notte.

 

21 AGOSTO sabato (giorno 13):  

Dormiamo benissimo finalmente! Partiamo presto per raggiungere Grener: la punta più estrema della Danimarca e via a piedi con i cani mentre le ragazze dormono. Una bella esperienza! Alle otto di mattina la spiaggia è ancora pressoché vuota, forse tre o quattro coppie di turisti. Facciamo foto, vediamo meduse, arriviamo al punto in cui il Baltico di scontra con il mare del Nord e si vede benissimo! Ci sono due squadre di onde: una proveniente da destra e una da sinistra che si affrontano oltre una piccola lingua di terra che sprofonda nell’acqua nel punto esatto delle scontro/incontro.

  

Torniamo al camper formando un percorso ad anello che entra tra i cespugli di rose selvatiche e bacche arancioni. Facciamo colazione e ripercorriamo il tutto con le ragazze ma lasciamo i cani a riposare (cambiamo belve insomma…). La gente è tantissima! Ma la marea si è abbassata, sono arrivate a riva enormi meduse di vari colori, poverelle… ma che spettacolo!

           

  

Ripartiamo per arrivare alla chiesa sommersa. Dalla strada non si vede: rimane nascosta nella foresta di pini marini, un pochino ci delude perché sembra una semplice cappelletta. In realtà quello che si vede è la sommità della torre, mentre il resto della chiesa (cioè, per la precisione una navata lunga 45 mt) è in parte stato distrutto (tetto e coperture), in parte sommerso (pavimentazione e parte dei muri perimetrali)! Ripartiamo per la duna mobile!

Arriviamo a Rabjer mile e ci fermiamo per fare pranzo, una buona pasta! Dopo un momento di riposo, alle tre e mezza, via, a risalire le dune! Uno spettacolo inimmaginabile!

 

Una distesa desertica di sabbia bianca soffice, pulita, enorme, ficcata in mezzo alla vegetazione, come fosse caduta dal cielo, incredibile! Un paesaggio surreale costantemente spazzato dal vento. La duna si sposta ogni anno di 13-17 mt, significa più di un metro al mese, a pensarci resto perplessa! Ci concediamo una lunga passeggiata, salti e fotografie, rotoloni e meraviglia.

  

Alle cinque e mezza ci rimettiamo in viaggio. Scarico acque, carico, doccia, spesa e via.

Però c’è un però… il camper oltre al problema ai freni che ci perseguita da due giorni (Sergio spinge a fondo ma non frena, deve spingere più volte), oggi ci regala anche un problema ai fari. Facciamo un cambio lampadina al buio, a lato strada, con la pila, ma il corpo lampada è cotto, una parte ci si sbriciola tra le dita, cambiamo comunque la lampadina, pare andare meglio, ma decidiamo di non raggiungere il faro, lo faremo domani, con la luce del mattino che qui l’alba è veramente mattiniera! Così ci fermiamo a dormire in un’area commerciale vicina all’autostrada, domani proveremo a cercare il liquido per i freni…-

 

22 AGOSTO domenica (giorno 14):  

Passiamo le prime ore ad attendere l’apertura del centro commerciale, troviamo tutto: sia delle lampadine più appropriate che il liquido per i freni. Sergio riempie il serbatorio e via per il L ken di Rubjerg Knude. I freni vanno meglio ma il problema non è completamente risolto, io dunque continuo a fare il passeggero…

Il faro dal parcheggio si intravede in lontananza, è un bello scorcio! Fa triste pensare che sia un’attrazione spostata (nel 2019 è stato imbragato e letteralmente trascinato nell’entroterra di 70 mt, per evitare che cadesse nel mare a causa dell’erosione della costa), ci fa sentire un pochino scimmiette ammaestrate, ma per le fotografie è proprio un bel panorama. Il dirupo sabbioso verso il mare, il faro sulla sabbia chiara e poi i cespugli verde argento o fioriti di rose selvatiche e bacche rosse in primo piano. Portiamo anche i cani e ci facciamo una bella passeggiata davvero! Sergio e le ragazze salgono anche sulla sommità del faro, io, con il mio amore per le scale aperte e le piattaforme in alto, mi sacrifico felicemente e tengo i cani. Il posto è davvero bello, ci si sente un po’ sciocchi a pensare al muratore danese che ha spostato l’attrazione con tanto di binari e facciona sorridente, ma vale la tappa.

Torniamo in camper e partiamo subito verso le hawaii fredde. A meno di un’ora dall’arrivo ci siamo fermati sul fiordo che si incrocia per ammirare una bellissima zona umida con tanto di osservatorio, siamo riusciti a vedere una spatola bianca!!!  Dall’altro lato della strada, arenata sulla spiaggia, invece, la carcassa di una foca morta da poco… Ripartiamo per il parco naz. Thy, ci fermiamo sulla spiaggia a Klitmoller (hawaii fredde) dove i giovani si divertono con il vento, chi wind surf, chi col paracadute… Noi ci concediamo una passeggiata e sguinzagliamo gli aquiloni! Io mi metto a leggere una mezz’ora sulla spiaggia, bello!!! Passeggiando troviamo una distesa di granchi morti lunga alcuni metri, chele, zampe corpi a pezzi o anche solo bucati e una miriade di gabbiani che banchettano!

  

Ci spostiamo un paio di chilometri per vedere i bunker tedeschi, peccato che non siano valorizzati per nulla! Alcuni sono pure stati spostati inclinati, allontanati dalle mareggiate, tutti inagibili perché colmi di sabbia, un vero peccato! Ci sediamo su una calotta di cemento e ci beviamo le birre che Sergio si era portato di nascosto, perfetto!

Rientriamo in camper per la cena. Nel mentre vediamo una marea di persone arrivare alla spicciolata in direzione dei bunker, intuiamo che sia per vedere il tramonto. Vuoi perdere l’occasione? Si va!

È stata una bella esperienza enfatizzata dallo stupore di Camilla che ci ha fatto realizzare che per le ragazze era il primo tramonto a mare un momento romantico ma anche divertente, con questo sole che pare sciogliersi e alla fine rimane un lumicino e poi più nulla. Alle nove ripartiamo verso sud. Ci fermiamo a dormire dopo una ventina di chilometri in un posto spettacolare! In mezzo al bosco, una radura dove siamo soli, vicino c’è un laghetto e bosco, ma lo vedremo domani…

 

23 AGOSTO lunedì (giorno 15):

Facciamo, appena svegli, un bel giro fuori. Bellissimo! Siamo immersi nella natura, bosco attorno e sentieri, nessuno! Ci concediamo un giretto tranquillo con i cani. Arriviamo al laghetto: uno specchio d’acqua meraviglioso, silenzioso, poetico, a parte il cagnino Ponyo che si inventa di fare il bagno... Poi partiamo! Arriviamo in tarda mattinata a Thyboron. Puntiamo subito al memoriale della guerra dello jutland. Un’opera d’arte a cielo aperto che ci lascia ammirati, sbigottiti e tristi. Molte pietre a punta affiorano dall’erba per un paio di metri, come pezzi di navi incagliate, e attorno delle sculture umane stilizzate. Su ogni pietra, il nome della nave affondata ed il numero di morti. Il tutto immerso nella pace. Pochissimi visitatori, un sito addirittura introspettivo.

  

Continuando sulla tematica della guerra, scegliamo di fare un giro tra i bunker che incombono minacciosi sulle spiagge bianche. Purtroppo anche qui sono lasciati come carcasse abbandonate alla mercé del tempo e delle intemperie, non c’è un’idea di utilizzo a fini didattici, sono lì, a ricordare ciò che fu, senza dar troppo peso agli eventi, come ad attendere che sia il tempo a fare il suo corso…

 

Passiamo a vedere la casa rivestita in conchiglie. Da vedere, è molto particolare, cozze dipinte di verde a sembrare foglie o rosa ad evocare petali di fiori. Composizioni e mandala il tutto di conchiglie… A volte davvero kitsch, ma va vista! Dentro c’è un piccolo negozietto di conchiglie e chincaglierie. Carino!

      

Partiamo, il sud ci pretende!

Lyngvig Fyr si vede da lontano, si staglia sulle dune, sotto il verde dei prati, sono già scorci bellissimi! Dentro ha una scala a chiocciola faticosa e spettacolare, io, terrorizzata, decido di passare, mi faccio una passeggiata nei prati attorno, con i cani. Il faro al resto della famiglia piace, anche se la vista dall’alto su un campeggio sterminato li lascia parecchio perplessi. Chiudono il faro appena scendono, tempismo perfetto! Ripartiamo molto determinati, vogliamo arrivare a dormire sull’isola di Fano.

Prendiamo il traghetto verso le dieci, siamo fortunatissimi! E io nell’attesa ho preparato la cena, ceniamo sul traghetto: una tagliata di manzo (io di seitan) e patate al burro e rosmarino, che nemmeno fossimo a casa! Con le patate che qui vendono già lesse in vasetto è facile! Dopo il traghetto c’è un punto informazioni, Sergio capisce che stiamo facendo la cosa giusta: le foche sono stanziali e domattina le vedremo! Dobbiamo solo fare attenzione alle maree! Partiamo per il paesino situato a sud dell’isola: Sonderho. Domani mattina si partirà dalla spiaggia! Arriviamo stanchissimi in un parcheggio che speriamo non ci crei problemi… Non siamo lucidi, la stanchezza è molta e domani, sveglia alle sette, abbiamo calcolato che con le maree dovrebbe essere l’orario perfetto.

 

24 AGOSTO martedì (giorno 16):

Fano. Ci svegliamo alle sette e ci spostiamo a parcheggiare in spiaggia dove sappiamo che parte l’escursione guidata per vedere le foche. Le ragazze collaborano, nonostante l’ora (per loro) antelucana, sperano di fare una bella esperienza! Colazione in piedi e via, scorgiamo, in fondo, lontanissimi, dei puntolini… Sono loro, entusiasmo a mille!!! Partiamo di buon passo e i puntolini si avvicinano lentissimamente! Ma non si molla! Un po’ si affonda, scalzi, ma avanti tutta! Ci vuole un’oretta buona per arrivare al primo banco, le vediamo oltre una striscia d’acqua fonda, ma sono vicine, possiamo vederle benissimo. Alcune sono in ammollo nell’acqua davanti a noi e ci raggiungono in fretta, emergono a pochi metri e si tuffano di nuovo sott’acqua, un paio arrivano davvero vicinissime, è quasi commovente! 

  

Ci accorgiamo che il secondo banco che vedevamo già dalla riva è diviso in due parti: una è, come questo, spiaggiata oltre il “canale”, ma un numero ridotto di foche è sulla nostra stessa lingua di terra! Dunque riprendiamo a camminare, sono molto distanti, ci vogliono di nuovo una ventina di minuti. Nel frattempo, le nostre amiche in acqua continuano a seguirci, ad emergere ed inabissarsi, giocando. Giunti nei paraggi ci fermiamo a distanza di sicurezza per non spaventarle e facciamo una decina di metri per poi fermarci di nuovo, svariate volte.

Arriviamo vicinissimi! Possiamo vederle benissimo e soprattutto sentire i loro versi! Ad un certo punto decidono di raggiungere il resto del branco sull’altra sponda e si lanciano tutte in acqua, uno spettacolo! Siamo felicissimi ed elettrizzati!  È senza dubbio una delle esperienze più esaltanti che io abbia fatto nella vita!

Sazi di emozioni ed immagini uniche, riprendiamo la spiaggia in direzione camper, in silenzio, godendo quanto vissuto; nel frattempo, i primi due altri turisti sono giunti vicino a noi e in lontananza si percepisce una miriade di persone in avvicinamento.

 

 

Al ritorno al parcheggio ci accorgiamo che, dove c’eravamo solo noi ed un altro furgoncino, ora è affollatissimo!

Decidiamo di andare a mangiare qualcosa a Sonderho, lasciamo il camper in spiaggia. Dal camper Sergio si inventa di fare un percorso in bicicletta di un paio di chilometri sulla spiaggia. Un pochino duro, ci si affossa, ma bellissimo! Tra erbe affioranti, conchiglie e qualche granchio rinsecchito, la marea è ancora molto bassa. Sui prati vicini a volte si scorgono delle bufale dal manto rossiccio e peloso.

  

 Il paesino a sud sull’isola di Fano è davvero suggestivo! Piace a tutti! Stradine battute o erbose, casine piccole, colorate, con giardini curati, fioriti, farfalle che svolazzano da un prato all’altro, biciclette e gente seduta in veranda con un bicchiere di vino ed un pasto frugale. Bello, trascinante!

      

Scegliamo un piccolo bar che prepara panini al momento e frullati freschi. Sergio e le ragazze scelgono un panino al salmone, io con hummus e ci lasciamo tentare da frullati coloratissimi! Sediamo all’aperto, su panchette coperte da pelli di pecora.

  

Tutto pare lento, surreale. Ci fermiamo ad un piccolo negozio di anticaglie. Sergio scova dei 33 giri che solo lui può apprezzare (cover datate e danesi) ma proprio per questo dobbiamo averli! Continuiamo la nostra passeggiata tra le casupole. Il museo di arte chiude prestissimo, lo saltiamo… Torniamo alle biciclette e scegliamo la via breve per il camper, questa volta. La stanchezza arriva!

Lasciamo l’isola bellissima che ci ha preso un pezzettino di cuore attraverso le famose spiagge carrabili per riprendere il nostro traghetto. Percorriamo 13 chilometri di sabbia battuta, tra danesi che si divertono con le auto parcheggiate quasi sul bagnasciuga.

Prendiamo il traghetto con pochissima attesa.

Ad Esbjerg, tappa all’opera “L’uomo davanti al mare” quattro gigantesche statue bianche sedute a guardare il mare. Alte nove metri di dubbio, dubbio gusto. La cosa bella è che trovo un sasso dipinto a coccinella di una carissima donna tedesca (Heidy, mi lascia i suoi riferimenti di un gruppo FB) che contatto e ringrazio per la cosa gentile!

 

Uscendo da Esbjerg decidiamo di passare dal centro per vedere l’acquedotto, simbolo della città, che ci lascia molto indifferenti, e la casa della musica, progetto di Utzon che invece ci sorprende: è un’architettura particolare e piacevolissima! Con colonne bianche e vetro e soffitti elaborati. Sia l’esterno che l’ampio salone che si vede appena entrati, meritano! Una bella scoperta!

E via di nuovo nel nostro ritorno verso sud.

Arriviamo nel tardo pomeriggio nell’area sosta di Ribe, scarichiamo, carichiamo e ceniamo in camper. Siamo stanchissimi. Ribe la visitiamo dopo il tramonto. Si rivela un paese bellissimo!

Le case antiche sono pittoresche, spiamo negli appartamenti, le luci accese nei soggiorni caldi, con abat jour e candele e lampade sparse, mobili in legno e librerie, piante, (soprattutto orchidee) sui davanzali interni e ninnoli decorativi in bella mostra; tutto è molto accogliente. I ristoranti hanno i tavolini all’aperto e la gente si attarda per le strade, strano, c’è un po’ di vita! La piazza è grande, con una pavimentazione magnifica a piastre in pietra di misure diverse, degradante verso l’accesso della cattedrale. Negozietti, bar, ristoranti colorano le vie, un paese davvero accattivante!

Rientriamo verso le 10.30 stanchissimi! Leggiamo un poco e dormiamo in un niente.

 

 

25 AGOSTO mercoledì (giorno 17)  

Giorno: Bellissima nottata! Ci svegliamo con calma, l’intento è quello di vedere la città sveglia, purtroppo però scopriamo che il tempo è brutto, eravamo oramai abituati al sole! Verso le dieci ci incamminiamo in Ribe che si svela meno affascinante, nessuno all’aperto, tavolini vuoti, insomma, ieri sera era meglio! Vediamo la piazza della cattedrale e decidiamo di passeggiare senza meta, spiando le case antiche meravigliosamente restaurate e le porte d’ingresso colorate.

          

Compriamo qualcosa per pranzo e un sacchetto di gustosissimi bretzel e nel primissimo pomeriggio ripartiamo!

(wadden sea national park) La strada rialzata che porta a Romo è davvero caratteristica, sembra di sfrecciare ora tra campi sterminati, ora sul mare, ora su torbiere!

      

L’isola di Romo ci sembra più triste, rispetto a fano, forse anche per il clima poco favorevole! Eh, va beh. Prima saliamo verso nord, per vedere la recinzione in ossa di balena, e compriamo un barattolo di miele dall’espositore all’aperto fiducioso, con cassettina per i soldi.

       

Ci fermiamo davanti alla Casa del Capitano (museo) e ci accorgiamo che siamo stanchi… Dunque puntiamo alla spiaggia carrabile e ci riposiamo per mezz’ora, al ritorno ci fermiamo nella zona commerciale per acquistare qualche ricordino. Il clima è freddo e ventosissimo, decidiamo di rientrare, così facciamo fatica ad apprezzare le cose! Avrei voluto vedere il cimitero dei balenieri, nel paesino a sud, ma sarà per il prossimo viaggio! Torniamo sulla strada rialzata e puntiamo verso Tonder. Ci fermiamo in un fast-food e alle 20.00 entriamo in Germania. Fine

 

26 Agosto giovedì: Viaggio stop a Hameln

27 Agosto Venerdì: Viaggio arrivo in tardo pomeriggio

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