mercoledì 12 marzo 2014

Pensieri di Marzo, alla sera

Più lontani i crepuscoli, in questo preludio tiepido.
Giornate che si allungano, come figli.

Un primo sapore di caldo, in gola.
Voglia di gazpacho per stasera. Voglia di cenare in veranda, scalzi, gambe nude fino alle ginocchia, immote, a pedinare la musica bassa.

Voglia di crepuscolo, che compare in ritardo. E ci lascia in attesa, cuore in gola, occhi avidi. Ma poi si trattiene, più a lungo a languorarci un po', fermo, in quelle nuove rughe, sopra gli zigomi.


Vino bianco, forse. Ma secco. Fruttato.

E silenzio di voce, per una sera.

Cuscini. Sulle tavole di legno. Sediamo a terra. Che lo sai, c'ho la fissa del contatto col mondo da cui provengo e rimango adesa, come radice a ricercar fessura. E poi camminar sull'erba. Nell'erba. Tra le dita. Verde di erba e di piedi.
E basta musica, ché ci parla il cielo stasera. Le prime stelle e i pianeti. E io non la voglio sapere la differenza, non li voglio conoscere i nomi delle stelle e nemmeno le costellazioni. Mi spaventa il cielo, da sempre.
Sono fatta di terra, io.
Di terra d'estate.

Di quell'estate in cui ricorrer cavallette e contar punti alle coccinelle. Misurar la fila delle formiche. Inseguire Giulia con un lombrico in mano e prepararci per la gara delle chiocciole. Raccogliere margherite e annusare fiori gialli. Starnutire pollini. Scegliere una nuvola con Camilla e inventarsi una forma. Oggi è zucchero filato, la mia nuvola, e me la mangio.

Attendere che piova e correrci dentro a quella terra, che è fango e odore marrone. Scalzi, che la terra ci vuole scalzi. Per lasciarci mettere radici. Venite bambine, ascoltate la terra.

C'è un gheppio in cielo, corri che te lo perdi.
Voglio raccogliere fragole quest'estate. E lamponi, more e uva spina.
E ricolorare i nanetti, inventiamoci gli "hippy garden gnomes"

E infusi di frutta alla sera, un gusto diverso, per ogni sera d'estate.

Basta letargo. Ne ho avuto a sufficienza per quest'anno. Ora rugiada  e forsizia e profumo di fiori e di calicantus: stelle regalate dal cielo per aver protetto il pettirosso.

E ti leggerò Prévert, a gran voce: Les enfants qui s'aiment, che fa nulla se l'hanno usata per i Baci Perugina. E ti leggerò Tabucchi, ancora e sempre, sottovoce, Tristano muore, che quella mosca che sbatte sul vetro sarà perfetta nella nostra calura.

Puoi esordire quando vuoi, nel tuo tripudio, primavera, noi siamo pronti.

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