LIBRO
30/2020
Canne Al
vento, Grazia Deledda, (1913), Acquarelli 21010
NO
SPOILER
Riuscite ad immaginarvi nella stanza di una Pinacoteca? Immersi nel silenzio, state passeggiando tra quadri antichi di paesaggi agresti. Millet, per esempio, potrebbe calzare. Le ambientazioni di Millet, con le descrizioni dettagliate, i cieli dai colori tenui, i campi coltivati così realistici da sentire le zolle di terra sotto i piedi, gli sfondi naturali, i contadini intenti a fare, immersi in atmosfere bucoliche. Le pagine di Canne al vento si sfogliano così: tra un quadro e l'altro.
Le
raffigurazioni della vita sarda d’inizio ‘900 sono visibili, non solo
leggibili. Si scorgono i monti, collocati a corona in fondo, si distinguono le
valli, i paesetti più o meno arroccati. Le stradicciole e i tratturi. Le erbe,
il vento che attraversa le canne, i profumi delle euforbie, i colori delle
violaciocche, i melograni dorati che si spaccano al sole e lasciano cadere
acini di madreperla. I porticati coperti dalla vite traboccante di grappoli
d'uva. Le donne sedute con scialli neri o corpetti rossi, a filare, o ricamare.
Il rosario. Il silenzio. La vecchiaia, il tempo che scorre inesorabile. Ora a
sfondo ora in primo piano, questi quadri palpitanti, si svelano tra le righe.
Le tre
nobili sorelle Pintor, attendono immobili che il tempo trascorra e l’arrivo del
giovane nipote: sconosciuto atteso e temuto, accanto ad esse da puntello e
nutrimento, la notevolissima figura di un servo devoto al limite dell’abnegazione.
Tra mura
cadenti di palazzi dove l’antico splendore della nobiltà perduta è ormai una patina
incrostata di bellezza avvizzita, dove il consumarsi del tempo si avverte
nell’usura delle suppellettili, delle dimore, degli arredi, delle persone.
Le
donne guardano lo sfacelo del loro patrimonio oramai dissipato e attendono il
domani senza speranze e senza alcuna volontà. Solamente il vecchio servo
sfinito, vecchio, malato, continua a sperare e a prodigarsi per un domani
migliore.
La
precisione con cui i personaggi vengono delineati e la dovizia di particolari
che li caratterizza sia nell'aspetto esteriore (dalle rughe del viso, al
bottone della giacca, alla trasparenza di un tessuto liso) che nell'aspetto
interiore dal carattere (le paure, i dolori, le tristezze. Ma anche la passione
che fa brillare gli occhi e la malizia che tira le labbra…) contribuiscono a
creare figure talmente realistiche da sembrare note: il servo Efix, potrebbe
essere un lontano zio, un po' antico nei modi, ma estremamente reale.
Ho
gustato questo libro come faccio raramente: mi trovo spesso a divorare nella
foga passare al successivo, anche quando mi trovo davanti a romanzi notevoli.
Di
“canne al vento” ho percepito da subito la preziosità di ogni singola pagina,
la necessità di fermarmi dinnanzi ad ogni raffigurazione apprezzandone la
singolarità, ho trascorso mesi in questa Sardegna ruvida, mentre, parallelamente
mi ingozzavo di altro.
Ho
assaporato lentamente un quadro dopo l'altro, una pagina dopo l'altra, come le
piccole caramelle che mia nonna si portava dal mare. Erano delle gocce dalla
forma schiacciata, colorate. Zuccherine, da far sciogliere tra lingua e palato
e attendere il lo spendersi del gusto, senza fretta, senza traccia di
ingordigia.
È un
libro attuale; un viaggio incredibile in una terra che non ho visitato ma è
entrata spavalda nei miei progetti futuri, Sogno di girovagare attorno a Nuoro
per calarmi in queste atmosfere cercando i paesaggi così minuziosamente
descritti.
Quest'opera
è un capolavoro immenso: sbroglia matasse tra uno spaccato rurale e una nobiltà
orgogliosa che si sta sciogliendo al sole e parallelamente, gronda tradizioni,
credenze popolari di magie e malocchio, bimbi mai nati, folletti e fate.
È
questa terra, la vera protagonista ancestrale, evocativa, aristocratica e
agreste.
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