L'ho realizzato qualche mese fa, che accadono cose che restano lì, non posso scacciarle, nemmeno se lo volessi. E non se ne vanno da sole, col trascorrere dei giorni. E nessuno te le potrà mai rubare. Ricordi, effimeri, ma forti, solidi su radici fittonanti. Ricordi inutili, non fosse che, spesso, proprio loro ci danno la forza: quella spinta necessaria ad una partenza, ad nuovo inizio, che sia esso una fase della vita od una qualunque mattinata. Sono le cose belle che chiudiamo nel cuore, a chiave, con tre o quattro mandate, (che non se ne scivolino fuori di soppiatto), perché viviamo - e siamo, anche grazie a loro. Le cose che danno un senso, a tutto: quello che facciamo, che sudiamo. Un senso alle lacrime, ai sorrisi.
Non vivo di ricordi. Io, figuriamoci, con la mia memoria a brevissimo termine... Ma esistono stanze colme di cose belle, che apro solo al bisogno. Stanze calde, dove rifugiarmi quando perdo la direzione.Cantando Fossati, sottovoce, che nessuno spaventi, i miei ricordi.
Questo mio piccolo momento, finirà in una di quelle cantine della memoria.
Ridolini e corse in punta di piedi. Spinte leggere e di nuovo risa, ma soffocate.
Io sono in cucina, mani al lavello, do le spalle alla porta.
Le sento entrare dondolanti, leggere, a balzelli.
Lasciano qualcosa sul tavolo, un rumore piccolo, di metallo deposto con delicatezza.
Poi corrono fuori.
"Posta per la signora mamma!" enunciano già sulle scale, e scappano, ladruncole di sorrisi.
Mi asciugo le mani ebete. Già pregusto uno scherzo. Invece no. Non questa volta.
Una scatola in metallo, un biglietto scritto di fretta, appiccicato sopra in qualche modo. La apro.
Questa volta mi commuovo, piano, sommessa. Perché ogni tanto è il pensiero che conta.
Anzi no.
Conta sempre, solo, quello. No?
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