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- 1/2022
Albert
Camus, La peste, Classici contemporanei Bompiani, (1947) 2018, traduzione Yasmina
Melaouah
NO
SPOILER
Tu lo sai come sono stati il lockdown e la prima ondata COVID, nella mia provincia,
tra i paesi attorno a Bergamo?
Il silenzio rotto dal suono di
quaranta ambulanze al giorno? Gli amici in terapia intensiva o gravissimi a casa?. E i morti? Leggere i nomi dei morti su FB perché le carte
non potevano essere affisse? Sapere di conoscenti partiti, giorni e giorni dopo?
È morto anche lui, anche lei, sono morti entrambi i genitori di, il figlio di.
Le file di ambulanze fuori dagli ospedali. Piantare bulbi in giardino, cocciuta
e tenace che dovrà finire, dovremo uscirne prima o poi. Due ore tutti i giorni a
scrivere messaggi per chiedere informazioni dei malati, per essere vicino a chi
li aveva invece persi. Le telefonate che iniziavano col timore di un genitore
con la febbre, di un parente con i sintomi. Occuparsi della pasta madre, per
tenere la mente impegnata. Le amiche infermiere che si accasciavano a terra,
con le piaghe della mascherina sul viso. Vedere una serie tv coreana, dove si
amano e si guardano negli occhi. Mia sorella che mi chiama piangendo per i
dolori alla schiena, ai polmoni. I mezzi militari a spostare bare. Portare le bare
nelle regioni vicine perché i forni, a bergamo erano pieni per mesi. I malati
espatriati, che la Germania ci ha aiutato. Tua mamma positiva. Tuo padre
positivo.
La paura. L’ansia. La disillusione.
La mancanza di sogni. Di speranza. Ogni giorno così, reiterato.
Leggere “La peste” dopo aver vissuto
tutto questo e non averlo ancora (ancora?) metabolizzato, non lo consiglio. È
un piombare di nuovo, ad ogni capitolo, ad ogni pagina, nell’angoscia silente e
solitaria. Nell’affanno notturno.
La trama è semplicissima: la cittadina
di Orano, sulla costa Algerina, viene sconvolta da un’epidemia di peste. Si
sceglierà di isolare completamente il focolaio chiudendo ogni contatto tra
Orano e il mondo, in modo continuo e senza aspettative che qualcosa possa
cambiare, mentre la malattia non fa altro che progredire per mesi.
Camus, portandoci a passeggio tra vicoli
e caseggiati, tra le corsie ospedaliere, i cimiteri e il lungomare ci
accompagna in realtà dentro l’Uomo, dentro l’animo, dentro la psiche e sfoggia
le diverse reazioni, i vari approcci che caratterizzano ogni personaggio e la
popolazione tutta. C’è chi fugge, chi cerca la santità, chi l’eroismo, chi fa
suo motto il puro senso del dovere, chi sceglie lussuria e piacere. In un
calderone di sentimenti e sensazioni sensazionali conosciamo l’Uomo,
soprattutto nel trovarsi inerme, dinnanzi alla morte. Ed è il protagonista
medico che ci riassume il cuore del libro: “Non provo granché interesse, credo,
per l’eroismo e la santità. Quel che mi interessa è essere un uomo”.
La peste obbliga i cittadini all’isolamentoe
ad un conseguente profondo esame di coscienza, un’analisi della propria vita,
sui valori a caposaldo.
In tali estremi della
solitudine, infine, nessuno poteva sperare nell'aiuto altrui e ciascuno restava
solo con la propria inquietudine. Se uno di noi provava per caso a confidarsi o
a dire qualcosa del proprio stato d'animo, il più delle volte la risposta che
riceveva, quale che fosse, lo feriva. Si accorgeva allora che lui e il suo
interlocutore non parlavano della stessa cosa. Pagina 86
E alla fine ci si rende
conto che nessuno è davvero capace di pensare a nessuno, fosse anche nella
peggiore sciagura. Poiché pensare davvero a qualcuno significa pensarci ogni
istante, senza essere distratti da niente, né dalle faccende di casa, né dal
volo di una mosca, né dai pasti, né da un prurito. Ma le mosche e il prurito ci
sono sempre. Per questo la vita è difficile. Pagina 256
Poi, sarò sincera, le descrizioni di:
siero che non funziona, paziente zero, bollettini sanitari, ordinanze, file di
ambulanze, carri per trasportare i morti, mi hanno disturbata non poco per le
forti analogie, ma il fuoco dell’amore per l’Uomo, che scalda tutto il romanzo,
è corroborante. Durante i giorni di morte e tribolazione, rimane l’amore come
filo di speranza che unisce e sigilla rapporti.
Amore è voler scappare da Orano, per
raggiungere la donna lontana, ma scegliere di restare.
Amore è curare, ogni giorno, con
dedizione, anche chi ha già la vita lontana da sé.
Amore è perseverare nel proprio
dovere fosse anche di raccolta dati e analisi delle evoluzioni.
Amore è accettare anche la morte di
un bimbo e continuare a curare.
Amore è dedicare il tempo libero alla
peste: alle disinfezioni, ai malati, ai morti.
Amore è lottare fianco a fianco,
proteggendosi a vicenda.
Amore è guardare la morte di un amico
dal suo capezzale.
Amore è morire in silenzio per non
turbare chi hai attorno.
È un inno alla vita, all’andrà tutto
bene, al ne usciremo migliori, perché, a volte, magari raramente, ma a volte
questo accade.
FRASI
DA RICORDARE:
In tempi normali sapevamo
tutti, più o meno consapevolmente, che non c'è amore che non possa migliorarsi,
E tuttavia accettavamo, in maniera più o meno pacifica, che il nostro restasse
mediocre. Ma il ricordo è più esigente. Pagina 85
Semplicemente, continuava
a pensare a lei. Avrebbe voluto scriverle una lettera per spiegarsi. "Ma è
difficile," diceva. "È da tanto che ci penso. Fino a quando ci siamo
amati, ci siamo capiti senza parole. Ma non ci si ama per sempre. A un certo
punto, avrei dovuto trovare le parole per trattenerla, ma non ci sono
riuscito." Pagina
94
"Le giornate sono
lunghe e ultimamente non sono mai a casa."
"Non mi importa di
aspettare, se si che prima o poi arrivi. E quando non ci sei, penso a quello
che fai." Pagina
135
"Questo disco è
deprimente," disse Rambert. "E poi oggi è la decima volta che lo
ascolto."
"Le piace così
tanto?"
"No, ma è l'unico che
ho."
E dopo un momento:
"Ve l'ho detto, la peste è un continuo ricominciare." Pagina 174
L'abitudine alla
disperazione è peggiore della disperazione stessa. Pagina 194
Erano questi momenti di
debolezza a dare a Rieux la misura di quanto fosse stanco. Non controllava più
la propria sensibilità. Perlopiù trattenuta, indurita e inaridita di tanto in
tanto esplodeva e lo lasciava in balia di emozioni che non sapeva più dominare.
La sua unica difesa era rifugiarsi in quella durezza e serrare il nodo che si
era formato dentro di lui. Sapeva che era il modo giusto per andare avanti. Per
il resto non aveva molte illusioni e la stanchezza gli toglieva quelle che
serbava ancora. Pagina
204
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#ilibridihollyeponyo